Che la partita per il Quirinale sia tutt’altro che conclusa è evidente a tutti gli italiani. Sgombrato il campo a lungo occupato dall’opzione Berlusconi; quasi sicuramente tramontata l’opzione Draghi, ora cominciano ad emergere diverse candidature. O per meglio dire rose di candidati, come ha fatto martedì il centrodestra, o candidati singoli, come sembra aver fatto ieri Fratelli d’Italia, votando Crosetto, o una parte del variegato mondo del centrosinistra, che è tornato a riproporre Mattarella. Mentre gli scissionisti del M5s continuano ad insistere su Maddalena. 



Alcune proposte sono decisamente fantasiose, e vengono da mondi molto lontani dalla politica, hanno un sapore ironico e burlesco, per cui risultano decisamente inaccettabili. Ma per la maggior parte tra i votati si trovano personaggi autorevoli, con un profilo degno della massima attenzione, spesso con ruoli istituzionali; davanti a loro è lecito esprimere con il massimo rispetto un proprio giudizio, sintetizzato con l’espressione d’obbligo in questi casi: voto o non voto per lui. 



Ma in questo clima spiccano per durezza di accenti e per indisponibilità alla mediazione gli interventi di Enrico Letta, leader del Pd, che non intende concedere nulla ai suoi alleati di governo dell’area del centrodestra, che in questa occasione per lui sono tornati ad essere i suoi avversari. Ultima, ma non ultima la sua invettiva contro la Casellati, che, ricordiamo, è la seconda carica dello Stato; prima donna presidente del Senato, con un curriculum tra i più completi sotto il profilo politico-istituzionale oltre che sul piano professionale e culturale. Ma Letta afferma, e tutte le agenzie di stampa raccolgono il suo giudizio: “Proporre la Casellati è il modo più diretto per far saltare tutto”. E su Twitter insiste: “Proporre la candidatura della seconda carica dello Stato, insieme all’opposizione, contro i propri alleati di governo sarebbe un’operazione mai vista nella storia del #Quirinale. Assurda e incomprensibile. Rappresenterebbe, in sintesi, il modo più diretto per far saltare tutto”. 



Il fatto è che a Letta sta a cuore solo un’operazione, l’unità del centrosinistra, e la presunta condivisione di nomi e strategie cozza con i fatti concreti, con le sue parole e con i suoi atteggiamenti. Apparentemente più disponibile nei confronti di Renzi, in realtà il leader dem sta cercando di portarlo dalla sua parte per evitare che possa minimamente pensare a votare con il centrodestra. Letta corteggia Renzi per addomesticarlo e agganciarlo al suo progetto che ad oggi però non appare più chiaro a nessuno, dal momento che tutti i giudizi sulla figura di Draghi sono più che positivi, purché resti comunque a Palazzo Chigi. 

Lo stesso Conte, appositamente interpellato, si è espresso in tal senso: Draghi resti al suo posto, perché la sua mission è tutt’altro che conclusa. 

Non c’è stata persona proposta dall’area di centrodestra che Letta non abbia demolito, a cominciare ovviamente da Berlusconi; ma se sulla rosa Moratti-Nordio-Pera aveva mostrato un atteggiamento algido, al punto da gelare i proponenti, sulla Casellati il suo rifiuto è stato tanto duro da rasentare una vera e propria scortesia istituzionale. 

A questo punto risultano francamente ambigue alcune delle affermazioni emerse dal Nazareno: “Il segretario dem ha confermato che il Pd è contrario ad una candidatura di parte che spacchi la maggioranza. E farà il possibile per bloccarla”. L’ambiguità è tutta nel termine maggioranza: a quale maggioranza si riferisce Letta: a quella che potrebbe andare da Italia viva a Leu, includendo una parte del Misto, o alla maggioranza di governo da Leu a Forza Italia, includendo il Pd, M5s, Lega e una parte del Misto, che sostiene Draghi? Sono maggioranze diverse, tenute insieme da motivazioni diverse e destinate a dividersi in modi diversi. 

In realtà Letta oggi appare il più divisivo di tutti, il signor No, che davanti a qualunque cosa, se non è di suo piacimento, se non lo accontenta del tutto, dice semplicemente no, non si può fare. L’assurdo è che la parola magica con cui ha cominciato la partita del Quirinale è stata “divisivo”, riferito sempre agli altri. Solo che, se va avanti così, finiranno per affibbiare a lui stesso l’etichetta del “divisivo”, che potrebbe creare non poche complicazioni al suo stesso partito, alla coalizione di centrosinistra, al governo, e all’intero paese. 

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