Oggi parliamo del film Il commissario Maigret, uscito nel 1958. Partiamo dall’attore protagonista, il grande Jean Gabin che interpretò tre volte Maigret. Un grande del cinema francese, il numero uno, stette sulla scena cinematografica per 46 anni, fino alla morte, lavorò con grandi registi, vinse due Coppe Volpi, due Orsi d’argento, fu candidato due volte per l’Oscar, una proprio per questo film, ma non lo vinse mai. Considerato in patria, e non solo, un grandissimo attore, alla sua morte in Francia fu proclamato il lutto nazionale.
Due registi lo diressero per ben sei film a testa, Julien Duvivier e Jean Dellanoy. Il primo è famoso in Italia per Don Camillo, il secondo visse 100 anni, lavorò tantissimo, molti dei suoi film hanno una matrice etica-religiosa. Ne cito alcuni: Dio ha bisogno degli uomini, con cui vinse il premio della giuria al Festival di Venezia del 1950, Cani perduti senza collare (mai uscito in versione italiana), Bernadette, La Passione di Bernadette, Maria di Nazareth. Prima o poi vi farò una presentazione specifica dei suoi film. Diresse Il commissario Maigret e Maigret e il caso St. Fiacre, sempre con Gabin protagonista. Il doppiatore di Gabin è Emilio Cingoli che gli prestò la voce per ben 34 film. Doppiò anche Gary Cooper, John Wayne, Gregory Peck, Burt Lancaster, William Holden, Henry Fonda, Orson Welles, Richard Burton, Charlton Heston, Humprey Bogart.
Indimenticabili i suoi doppiaggi di Marlon Brando nel Giulio Cesare, Clark Gable in Via col vento e Lee Van Cleef ne Il buono, il brutto e il cattivo. Lo ricordiamo anche come voce narrante dei primi tre film della saga di Don Camillo. In conclusione, il numero uno dei doppiatori italiani.
Simenon aveva una predilezione per Gino Cervi e non gli sarebbe dispiaciuto come voce italiana di Maigret/Gabin, altro attore preferito nelle vesti del commissario.
Passiamo al film. Oggi lo chiamiamo serial killer, allora maniaco. Questi, di notte, aveva ucciso tre donne per le vie di un quartiere parigino prendendosi beffe di Maigret telefonando in commissariato avvisandolo degli omicidi. Una sfida bella e buona. Il nostro la raccoglie, finge di aver catturato il colpevole, ma distribuisce per la città agenti e poliziotte in borghese come esca. Non c’è azione, se non una colluttazione e un inseguimento a piedi. Le indagini portano Maigret a individuare una donna che si aggira spesso nel quartiere dove si svolgono i delitti. Da lei risale al marito, uomo fragile e senza alibi. E mentre questi è sotto torchio viene uccisa una quarta donna. Maigret mette sotto interrogatorio la moglie e la madre di lui e tutti gli altarini crollano con un colpo di scena.
Gabin interpreta in maniera puntigliosa e decisa la figura di Maigret; si arrabbia, ma va dritto allo scopo che si prefigge, sembrando sopra le righe in alcuni momenti, ma solo per arrivare alla verità. Il clou del film è l’interrogatorio pressante delle due donne, tanto che diversi critici han dato allo scrittore del fine psicologo. Nel libro intervista “Conversazioni con Simenon” di Francis Lacassin, l’autore lo giudica “profondamente psicologo e capace di prevedere i comportamenti”. Simenon nega decisamente, al che Lacassin afferma: “Psicologo è una parola grossa, ma lei ha maneggiato tanti e tanti personaggi in tante situazioni…. Non ne deriva comunque una conoscenza degli uomini?”. Lo scrittore risponde: “Ancora una volta è una questione di sensibilità… Essere psicologo presuppone un’intelligenza, io non ne ho”. E qui aggiunge una chicca: “Glielo ripeto, forse sono diventato romanziere, ma, la prenda come una battuta, perché sono sempre stato sonnambulo”. Sorprendente.