Il professor Raffaele Gianotti, dermatologo del Policlinico di Milano, è il coordinatore di un gruppo di ricerca che ha individuato, in uno studio a ritroso fra le biopsie operate a partire dall’autunno del 2019, quello che al momento è ancora riconosciuto come il paziente zero in Italia (anche se, secondo Gianotti, ci sarebbe la possibilità di risalire ancora più indietro nel tempo e riscontrare casi di pazienti affetti da Covid anche nel periodo precedente). Si tratta di una ragazza di 25 anni di Milano nei cui tessuti il Covid era presente già nel novembre 2019 e che era stata visitata per una dermatite aspecifica.



In questa intervista con Gianotti indaghiamo il legame fra Covid e malattie della pelle, dall’epidemia di geloni diffusasi specialmente fra i bambini a inizio pandemia, alle manifestazioni più severe nei pazienti in terapia intensiva, passando per i casi in cui il Covid si dissimula come malattia della pelle, prendendo appunto la forma di una comune dermatite aspecifica e non associandosi ad alcun’altra sintomatologia acuta, come tosse o febbre.



Professore, le ricerche mostrano che il Covid può dare manifestazioni cutanee, come ad esempio i geloni, diventati molto più comuni proprio in corrispondenza della pandemia.

I geloni esistevano anche prima del Covid, si tratta di arrossamenti, zone nodulari soprattutto alle estremità delle mani e dei piedi o anche delle orecchie, dovute ad altri fattori. Con il Covid è comparsa questa epidemia dei geloni, soprattutto nei bambini. Molti di questi bambini però erano risultati negativi al tampone e ora si è capito il perché. Il problema è tecnico, molto complesso.

Cioè?

Semplificando, i bambini hanno un sistema immunitario super sviluppato e veloce che uccide il virus appena questo entra nell’organismo. In questo modo, il tampone risulta negativo, ma la reazione scatenata dal virus in quelle poche ore che è rimasto nel corpo fa insorgere il gelone, che se ne va poi col tempo. Prima del Covid si vedeva un gelone ogni cinque anni, durante la pandemia ne vedevamo uno a settimana: era evidente che fosse legato al Covid. Oggi comunque è assodato che il gelone, durante l’epidemia, può essere legato al Covid.



Ci sono altre manifestazioni cutanee?

Ci sono mille tipi diversi di dermatosi che si manifestano esattamente come le dermatosi prima del Covid. Una persona può avere una dermatite: prima del Covid era solo una dermatite, dopo il Covid può invece essere spia di una infezione da Covid.

Quindi il sintomo cutaneo può essere spia di un’infezione da Covid?

Nel 5-6% dei casi, il malato di Covid – da quello che sta a casa e prende solo la tachipirina a quello intubato – può avere anche delle manifestazioni cutanee, vale da sempre per tutte le malattie virali, ad esempio il morbillo, in cui appunto le lesioni si associano a febbre e altri sintomi. Insomma, non è una grande sorpresa il fatto che una malattia virale dia lesioni cutanee, è legato a meccanismi di autoimmunità che, col virus in circolo nell’organismo, fanno insorgere le malattie della pelle.

Cosa avete scoperto invece più di recente?

La novità, che stiamo pubblicando e abbiamo iniziato a pubblicare, è che ci sono malati asintomatici, come il paziente zero (di novembre), con un’infezione da Covid che dà solo malattie della pelle. Si tratta di una minima percentuale dei casi, però esistono.

Malati asintomatici da ogni punto di vista che hanno solo manifestazioni cutanee?

Magari hanno avuto un po’ di tosse, poi sviluppano la malattia della pelle e al microscopio si riesce quasi sempre a identificare il virus.

Il paziente zero è quello che è stato scoperto proprio da lei, la ragazza di 25 anni di Milano?

Sì, esatto. Nel 2020 ho iniziato a vedere tante biopsie cutanee di pazienti con Covid di varia entità, quindi ho iniziato a capire come si vedeva il Covid sul vetrino, nella biopsia della pelle, e quindi sono andato nell’archivio indietro negli ultimi mesi del 2019 a cercare delle vecchie biopsie non classificate o classificate in modo errato (perché non si sapeva niente del Covid) che avessero dei caratteri simili a quelli visti durante la pandemia, quindi a Covid conclamato. Ne ho trovate una decina, abbiamo fatto esami sofisticati di laboratorio e 3-4, in un ventaglio di tempo tra novembre e i primi di gennaio, contenevano il virus. La più “antica” era di novembre, ma se scaviamo ancora nel tempo ce ne sarà anche una di ottobre o magari di settembre.

Nella biopsia si conserva la traccia del virus?

Sì, per 6-7 mesi almeno si conserva. La paziente di novembre aveva una manifestazione cutanea simile alle orticarie da alimenti. La biopsia era stata fatta per altri motivi ed è stata sbagliata ovviamente la diagnosi, si pensava fosse tutt’altra malattia.

Quanto sono diffuse oggi le manifestazioni cutanee associate al Covid?

Possiamo dare i dati sulla diffusione fra i malati di Covid e la percentuale oscilla fra il 5 e il 10% dei malati di Covid di tutto lo spettro, dalla persona che sta bene a casa al paziente ricoverato in ospedale. In certi casi alcune malattie cutanee più importanti sono associate alla gravità dell’infezione da Covid, ma non è sempre così.

Cosa consiglia ha chi ha sintomi cutanei di questo tipo?

Farsi vedere da un dermatologo esperto. Le vecchie malattie della pelle ci sono sempre e il Covid si nasconde, ha questa capacità di mimetizzarsi, quindi fa venire quella che sembra una classica malattia della pelle e che invece non lo è, perché dentro c’è il virus. Bisogna rivolgersi a centri specializzati, non è così facile da individuare in questi casi.

Primariamente il dermatologo, e poi il tampone può dire se c’è l’infezione?

Il tampone sì, ma soprattutto direi gli esami sierologici del sangue per vedere se ci sono gli anticorpi. Magari il Covid non c’è più e non viene rilevato dal tampone, ma rimane lo strascico della malattia della pelle, magari per un mese.

Quali sono nello specifico i sintomi?

Sono delle dermatiti banali, possono sembrare orticarie da alimenti, punture d’insetto, sono di svariati generi, uno non può farsi una diagnosi a casa e anche il dermatologo fa fatica, vedendole, a dire: è Covid. A meno che non si tratti di malati intubati che hanno infarti sulla pelle. In questo caso si tratta di forme gravi che lasciano anche mini esiti cicatriziali o ipopigmentati, come una vecchia ferita.

(Emanuela Giacca)

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