Due minuti intensi di applausi chiudono l’intervento del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia al suo primo convegno dei Giovani imprenditori a Capri. Un appuntamento che dopo 31 anni figura come rito per gli iscritti all’Associazione e i suoi principali interlocutori nella politica e nel sindacato. Due minuti di applausi, tantissimi per le abitudini della casa nei confronti di uno di loro, che chiudono un ragionamento a tutto tondo sulla missione della Confederazione davanti alla platea dove certamente sedevano i futuri dirigenti e rappresentanti di categoria.
Tornare a pensare in grande, secondo Boccia che riprende una massima di Margareth Thatcher, è l’unico modo per tirare il Paese fuori delle secche e compiere il destino che assegna alla sua Confindustria, che è quello di costruire un ponte tra gli interessi delle imprese e quelli del Paese. Sì, perché finalmente – dopo troppo tempo trascorso nella ricerca di improbabili nuove vie – si torna a ribadire con forza che solo una vivace capacità produttiva può fornire quelle risposte in termini di benessere allargato che salva il Paese dall’ansia o dall’assuefazione al peggio.
E allora è dalla fabbrica che occorre ripartire per porre all’Italia, all’Europa e alle rispettive classi dirigenti il tema di quale industria s’immagina di voler costruire per assicurare al Paese e al Continente quella crescita che, sola, può sollevare dal bisogno il maggior numero possibile di cittadini. Il richiamo all’Europa non è retorico, ma reale. Per la prima volta dopo tanti anni d’incontri bilaterali, infatti, la Confindustria italiana e quella tedesca hanno messo a punto un documento con dodici raccomandazioni da sottoporre ai rispettivi governi per un inizio di percorso comune. Si tratta di un primo passo verso la concezione di una politica economica allargata che trasformi la concorrenza all’interno dell’Unione in cooperazione in modo che possa sorgere un fronte capace di competere alla pari con le altre macro aree del mondo: America, Cina, Medioriente, Africa.
All’interno di questa cornice impegnativa e sfidante, che presuppone lo sforzo di un balzo culturale di tutti gli attori chiamati a dare il loro contributo, appare evidente che l’impresa necessaria è innovativa, ad alto contenuto d’investimenti e quindi ispirata ai principi di Industria 4.0. La frontiera che questa impostazione traccia pretenderà coraggio, imporrà sacrifici, segnerà vincitori e vinti, ma sarà in grado di restituire una nuova prospettiva al Paese che dunque avrà bisogno più che mai di riforme che siano in grado di accompagnare la grande sfida che si presenta.
In questa logica anche le relazioni con i sindacati si trasformano da vincolo in opportunità diventando fattore competitivo nel reciproco vantaggio di maggiore produttività e maggiori salari, che meglio può raggiungersi a livello aziendale e detassando i premi di produttività.