“I numeri che produciamo sono basati su una valutazione attenta degli impatti, non su fantasia, né su aspettative irrealizzabili”, afferma il ministro Pier Carlo Padoan in chiusura dell’incontro organizzato dal Messaggero sull’obbligatorietà della crescita in Italia difendendo l’1% di aumento del Pil previsto dal governo per il 2017. D’altra parte le misure da inserire nella Legge di bilancio dovranno servire proprio a questo, a dare la frusta all’economia nonostante “i vincoli stringenti di finanza pubblica” e non per niente “saranno concentrate a sostenere gli investimenti privati – aggiunge il titolare del Tesoro – preparando spazio a quelli pubblici”.



Sulla necessità di non sprecare risorse e concentrare la posta sulle scelte che mostrano di funzionare meglio di altre insiste il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, preoccupato che sfugga l’occasione di accendere i motori della ripresa che per girare a pieno ritmo hanno bisogno della massima capacità competitiva.



Politica dei fattori, dunque, a vantaggio di tutte le imprese e mai più privilegi per settori selezionati dalla politica con criteri assolutamente arbitrari frutto possibile di scambi non confessabili. Il nuovo patto alla luce del sole pretende trasparenza e coerenza con l’obiettivo di recuperare la produttività perduta. Il tutto in un quadro internazionale che si presenta fosco secondo la descrizione del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che teme addirittura “un crollo” del commercio internazionale che minaccia di frenare per mancanza di spinta e già cresce meno del Pil. “Non c’è più una sede dove discutere – argomenta l’uomo di governo -, il Wto non va, non ci sono più strumenti e luoghi dove si fa governance”.



Insomma, siamo “obbligati a crescere”, ma il contesto interno ed esterno non è il più adatto anche per l’eccesso di foschia che s’incontra lungo il cammino. E allora diventa importante, più che in passato, incidere sulle aspettative per considerare “il bicchiere mezzo pieno” come il bocconiano Donato Masciandaro invita a fare.

Le leve per manovrare ci sono a cominciare da quelle monetarie saldamente impugnate da Mario Draghi alla Bce (e meno male che non siano in mani tedesche, ironizza il politologo Jean Paul Fitoussi), che deve fare i conti con la trappola della liquidità innescata dalla sfiducia che funziona come una spugna che prende e non dà.

Alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e con la moderazione affidata all’ex Premier italiano ed europeo Romano Prodi, il confronto gira intorno al tema della fiducia che deve tornare a lubrificare i pensieri e le azioni degli italiani per indurli a rimboccarsi le maniche come al tempo della ricostruzione nel Dopoguerra.

La buona volontà può fare più di qualsiasi altra cosa. Per tornare a crescere, per avvertire l’obbligatorietà dell’obiettivo che deve mantenerci nel gruppo delle nazioni ricche e influenti, dobbiamo prendere coscienza della nostra forza, anche industriale, e muoverci senza complessi d’inferiorità in un mondo che non ci aspetta.