“Contraddittorietà” è il termine scelto dal presidente del Consiglio incaricato Paolo Gentiloni per definire quel misto di crescita superiore al previsto con meno disoccupazione e contestuale aumento della povertà che rimbalza dagli Scenari Economici di Confindustria al Senato, giusto in tempo per essere osservato nel discorso per la richiesta della fiducia. Contraddittorietà che dovranno essere la politica e il governo a decifrare con strumenti efficaci, come dice anche il Presidente degli industriali Vincenzo Boccia mentre s’interroga se sia possibile conciliare i tempi brevi accreditati all’esecutivo che si legittima in Parlamento e i tempi medio lunghi che occorrono per un serio progetto di ripresa.



Leggendo a ritroso la relazione del responsabile del Centro studi dell’organizzazione imprenditoriale, Luca Paolazzi, in discussione nel Paese e in Europa (molto più che in America dove la doccia fredda chiamata Trump promette di produrre nuovi stimoli mentre il Pil già cresce a un ritmo doppio del nostro) è la coesione sociale. Come evitare la sua distruzione? Con sei principali azioni, suggerisce Confindustria: introducendo misure che proteggano i lavoratori piuttosto che i posti di lavoro, investendo in istruzione e formazione, supportando la mobilità e il reddito delle persone, mettendo in campo interventi per la reindustrializzazione (soprattutto al Sud), prevedendo clausole di protezione per i perdenti negli accordi commerciali, selezionando un’immigrazione qualificata.



Insomma, il pacchetto delle cose da fare per uscire dal guado della stagnazione globale nel quale corriamo il rischio di restare imprigionati è ricco e impegnativo. E i cambiamenti necessari, afferma Boccia, vanno affrontati con coraggio e passione, perché se qualche passo si è fatto c’è ancora molto e molto da camminare.

La transizione è lunga e genera quell’ansietà, spiega il Presidente di Confindustria, che è uno dei più grandi mali dell’economia: i consumi si rinviano e non si prendono vitali decisioni d’investimento mentre si spinge la società nel pericoloso limbo dell’incertezza. Ogni indugio, ogni ritardo, ogni vaghezza può essere letale. La situazione è delicata. Anche se il Centro studi di Confindustria vede al rialzo le previsioni del Prodotto interno lordo (+0,9% nel 2016, facendo gridare allo scandalo per il pessimismo delle ultime rilevazioni) e nonostante l’occupazione abbia recuperato 905mila unità rispetto ai minimi d’inizio crisi, restano ancora 1,1 milioni di posti da recuperare e i poveri assoluti crescono a 4,6 milioni con un balzo del 157% sul 2007.



Il vento della Brexit e l’esito delle elezioni statunitensi spingono verso politiche più espansive anche in Europa, soprattutto attraverso un maggiore intervento pubblico diretto, almeno nelle buone intenzioni, a correggere squilibri considerati inaccettabili, tanto da alimentare la deriva populista che sembra orientare le scelte degli elettori in tutto in mondo.