Confindustria e Srm presentano il loro periodico rapporto sul Mezzogiorno e ancora una volta ci troviamo di fronte a dati di contrastata lettura e interpretazione: se è vero che dal 2015 l’economia ha ripreso a crescere è anche vero che lo fa così lentamente che nessuno se ne accorge. Soprattutto non se ne accorgono gli occupati, che sono ancora 330mila in meno che nel 2007, anno primo della crisi, e anche se i posti di lavoro tornano a scavalcare la soglia psicologica dei 6 milioni il tasso complessivo dell’occupazione è fermo a uno sconsolante 44 per cento.



Tutto questo nonostante tutti e cinque gli indicatori scelti per descrivere il fenomeno – accanto al dato occupazionale anche il Pil, l’export, il numero delle imprese e il valore degli investimenti – mostrino segnali positivi e promettono di mantenere il trend anche quest’anno. In particolare migliora al Sud la produttività nel manifatturiero e in maniera più consistente che al Centro-Nord, con un valore aggiunto per occupato che cresce del 3,5 per cento contro il 2,2 per cento misurato nel resto del Paese. Un segnale debole, ma che fa ben sperare.



“Ancora poco per colmare i divari ulteriormente ampliatisi con la crisi – dicono con prudenza gli autori del check-up -, ma certamente uno scenario ben diverso dalla temuta desertificazione industriale del Mezzogiorno”. La timida ripartenza comincia a produrre i suoi effetti. E infatti tornano a crescere, sempre al rallentatore, anche gli investimenti che con lo 0,8 per cento si allineano alla non brillante dinamica nazionale. Il rapporto informa che tutto questo avviene nel 2015, anno in cui il volume delle agevolazioni concesse è stato particolarmente basso.

Aumenta il numero delle imprese di capitali, di quelle giovanili e in rete, delle start up innovative: quattro segmenti ritenuti indicativi della ritrovata “vitalità” imprenditoriale del Mezzogiorno, anche se la dimensione di queste realtà è ancora piccola e piccolissima. Migliorano i dati del fatturato e delle esportazioni soprattutto nei settori guida dell’automotive, dell’agroalimentare e della farmaceutica cui il rapporto dedica una sezione a parte considerata l’incidenza per qualità e quantità che il comparto è riuscito a conquistarsi.



“Urgente e decisiva” è attesa dai ricercatori “una robusta accelerazione dei processi di crescita già a partire dai primi mesi del 2017”. L’anno che verrà sarà dunque di verifica per capire se siamo di fronte a un fuoco fatuo o se, invece, a un’ardente e convinta voglia di riscatto. 

Il compito di soffiare sulle scintille è affidato all’attuazione del piano legato alla cosiddetta Industria 4.0, al buon utilizzo dei fondi strutturali della programmazione 2014/2020, alla realizzazione delle opere inserite nei Masterplan nati dall’intesa tra governo, regioni e città metropolitane.

Nulla si dovrà e potrà sprecare per rimettere il Sud in carreggiata e, nonostante il rapporto non ne parli, un’accelerazione delle dinamiche in corso è certamente attesa dal neo ministro per la Coesione Claudio De Vincenti, la cui nomina si comprende solo se va in questa direzione.