Un’Agenda a medio termine per la crescita è l’impegno che il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia offre al Paese confrontandosi al Forum di Ambrosetti, tra gli altri, con i ministri Carlo Calenda e Maria Elena Boschi. Un’agenda per la crescita perché la crescita è la chiave di tutto, anche e forse soprattutto di quella stabilità che in Italia e in Europa si va cercando per altre vie senza mai trovarla.
Per questo bisogna compiere scelte consapevoli e destinare le poche risorse disponibili, soprattutto di fronte alla vastità dei problemi, al potenziamento di quelle misure che hanno mostrato di funzionare attivando investimenti e occupazione. Un mantra, quello del numero uno degli industriali italiani, che cresce con l’avvicinarsi della legge di bilancio.
Quasi tutti d’accordo a Cernobbio — gli scettici si sono contati sulle dita di una mano — sull’importanza delle riforme in atto nel Paese e sull’impatto positivo che possono avere nel risollevarne l’economia liberandola da appesantimenti non più tollerabili soprattutto in considerazione della concorrenza internazionale. Dobbiamo dimagrire, insomma, e diventare più veloci.
L’economista Nicola Rossi fa notare che per avere effetto le riforme devono funzionare tutte e in concerto tra loro. Non c’è possibilità che una vada in porto e l’altra no, che una fili liscia e l’altra s’inceppi. Sono tutte ingranaggi di uno stesso meccanismo deputato a rendere attrattivo il paese per investitori nazionali ed esteri che oggi, di fronte all’incertezza, latitano.
L’ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini lancia un modello per valutare il grado di appetibilità del Paese e misurare la sua capacità di svilupparsi creando innovazioni e recuperando efficienza soprattutto nel campo di una pubblica amministrazione da molti ritenuta opaca nelle decisioni e generalmente autoreferenziale. Uno strumento in più per non perdere la rotta una volta trovata.
La rotta è tutto perché indica la via, l’obiettivo verso il quale tendere, la ricompensa dopo tanti sacrifici. Per questo Boccia insiste sulla necessità che dopo anni di crisi e un visibile arretramento in termini di ricchezza nazionale si identifichi una via e si abbia il coraggio di percorrerla tutta senza deviare, fermarsi, arretrare all’apparire delle prime difficoltà.
La crescita dello zerovirgola non appassiona Confindustria che nella contrattazione aziendale e nella detassazione dei premi di produttività ricerca la competitività perduta a vantaggio dei suoi iscritti, certo, e di tutti gli imprenditori del Paese ma anche dei lavoratori che potranno beneficiare di un monte salari più alto facendo ripartire la locomotiva dei consumi.

L’invito, insomma, è non indulgere su rigagnoli che non tolgono la sete ma lavorare per procurare tanta acqua quanto ne serve per dissetare chi per troppo tempo è rimasto a secco. Bisogna avere una visione larga e alta, sognare l’impossibile perché possa avverarsi, muoversi tutti con coerenza verso la meta perché l’alternativa è rinunciare ad esistere. Almeno come paese ricco e industriale.