La bambina di 10 anni raggiunta al piede ieri mattina a Napoli da un proiettile vagante nel corso di un’azione dimostrativa di uno dei tanti gruppi di fuoco che infestano la città è stata più fortunata di Annalisa Durante, alla quale il 27 marzo del 2004 in circostanze simili fu sottratta la vita. Allora quattordicenne, Annalisa fu colpita a morte durante uno scontro tra due fazioni di camorra avente per obiettivo il boss appena maggiorenne Salvatore Giuliano: a Forcella, la stessa zona a due passi dalla stazione centrale teatro della sparatoria odierna contro alcuni ambulanti extracomunitari, tre dei quali feriti alle gambe. Già alla vigilia di Natale, il 24 dicembre, alcuni commercianti di colore furono aggrediti nella stessa disgraziata zona e picchiati. Con violenza ma senza pistole. Se i due episodi sono collegati lo sapranno dire gli uomini della squadra mobile che stanno indagando sui fatti.



Annalisa teneva un diario al quale affidava il suo malessere di adolescente in pericolo perenne. Le strade mi fanno paura, scriveva quasi potesse immaginare il destino che l’aspettava. Vorrei fuggire, annotava mentre restava nel quartiere che le avrebbe fatto da tomba. La bimba che veniva da Melito, uno dei tanti comuni della famosa e forse famigerata corona di spine che cinge il capoluogo, se l’è cavata stamattina con l’estrazione della pallottola e una medicazione all’ospedale Santobono, dove i familiari l’hanno condotta dopo un primo passaggio al congestionato Loreto Mare. Qui sono ricoverati i senegalesi (38, 36 e 32 anni) bersaglio dell’incursione. Che si sia trattato di racket, di tangenti non pagate, permessi negati o di altro con la stessa impronta di malaffare poco importa. Il fatto è che la sparatoria è avvenuta a ridosso della Duchesca dove un tempo il massimo che poteva capitare era ritrovarsi con il classico mattone al posto della radiolina acquistata nella tenera convinzione di aver fatto un buon affare.



Killer al posto di ladri con destrezza. L’esemplificazione di una escalation criminale che rende via via più precaria l’esistenza di chi per scelta o sventura è costretto al rispetto della legge della strada che, sempre più affollata e contesa da gente di ogni colore, si fa ogni giorno anche più crudele. Gli effetti collaterali – l’uccisione o il ferimento di un innocente (com’è considerato chi con la contesa del momento non ha nulla a che vedere) – sono niente più che un fastidioso incidente. Quale importanza può dare alla vita di un estraneo chi non ha rispetto per la propria di vita?



Una volta confondersi tra la folla poteva essere un modo per salvarsi, per rimandare a nuove circostanze la resa dei conti. Ora si spara nel mucchio, in periferia come in pieno centro, perché la morte tua è la vita mia. E la fatalità di un popolo abituato da millenni a convivere con la minaccia di un vulcano bello e terribile trova una nuova forma di espressione.

(Ma Napoli resta anche la città che ha dato vita e ispirazione a Pino Daniele, di cui si ricordano i due anni dalla morte, e del suo amico del cuore Massimo Troisi, che ha lasciato un vuoto incolmabile).