Un patto d’azione è stato firmato ieri mattina in Confindustria tra l’associazione degli imprenditori presieduta da Vincenzo Boccia e il ministero degli Esteri su impulso del nuovo titolare Angelino Alfano, più che mai convinto che il sistema della diplomazia debba mettersi al servizio degli affari come accade in gran parte dei paesi con i quali l’Italia è in concorrenza.



L’interesse nazionale non è una parolaccia, spiega il ministro. E, puntualizza, il profitto non è reato. Dunque ben venga che ambasciatori e consoli della Repubblica diano una mano ai capitani coraggiosi che per virtù o necessità si affacciano sui mercati internazionali provando a creare quella ricchezza sempre più difficile da realizzare in casa. Ed ecco qualche numero a suffragare il vantaggio della collaborazione già a partire dal biennio 2014-2015: 330 imprese coinvolte, 756 progetti sostenuti, 52 miliardi di vantaggio per le imprese, 14,4 miliardi di valore aggiunto, 6,7 miliardi di gettito fiscale, 234mila nuovi posti di lavoro e un impatto sull’economia pari a una volta e mezzo l’importo degli investimenti.



A beneficiarne non sono solo grandi aziende perché la maggioranza della torta è formata da medie, piccole e addirittura micro realtà che senza il sostegno del governo non avrebbero potuto nemmeno immaginare di emanciparsi. C’è di sicuro la necessità di aggiustare al meglio il tiro e l’alleanza con l’organizzazione di viale dell’Astronomia serve anche a questo. Insomma, si tratta di attivare una leva strategica della quale il Paese non potrà fare a meno se vuole migliorare il proprio assetto competitivo provando tra l’altro a beneficiare delle conseguenze della Brexit, come Alfano espressamente suggerisce indicando in particolare per Milano un ruolo centrale nell’attrazione dei fuoriusciti dal Regno Unito.



Boccia non può che condividere prefigurando per le imprese italiane mercati sempre più numerosi e ampi dove misurare le capacità di un’industria che è la seconda in Europa per fatturato (dietro la Germania) nonostante i tanti e troppi vincoli al suo sviluppo. Una consistenza e una vivacità che vanno sostenute dall’impegno di istituzioni che provano a cambiare pelle. Anche perché le informazioni rilasciate dall’Istat sulla disoccupazione giovanile, che risale al 40 per cento dopo un breve periodo di miglioramento, fanno capire che senza soluzioni strutturate e a lungo termine sarà difficile se non impossibile eliminare la principale falla della società che determina la fuga massiccia di energie e competenze cui assistiamo da anni.

Questo fa dire al ministro Alfano che oggi la politica estera è di quanto più interno ci sia: si fronteggiano nel mondo ordinamenti giuridici capaci di incoraggiare o scoraggiare opportunità con conseguenze notevoli su imprese e famiglie che sono il nerbo di ogni comunità che si rispetti. Se la spinta riformista si affievolisce restano intatti i bisogni di cambiamento.