“Il dio dei piloti è nero. Grazie #lewishamilton”. Basta questo semplice tweet per sollevare un polverone? Evidentemente sì, ma si sa: spesso e volentieri si combattono battaglie a colpi di cinguettii, post e commenti social su questioni simili. L’autore della frase è Corrado Formigli, conduttore di Piazzapulita: a rispondere, tra gli altri, è stato Giovanni Sallusti che in un articolo per Dagospia si è scagliato contro i “professionisti dell’antirazzismo”, portando avanti una tesi messa insieme all’uomo bianco “regressione della nostra civiltà”, citazione da Ezio Mauro come riportato dal giornalista, e secondo la quale il tweet di Formigli lascerebbe intendere il messaggio che Hamilton è superiore agli altri campioni di Formula 1 solo per il fatto di avere la pelle nera. “Se ne dedurrebbe che gli altri trentadue piloti che nella storia sono riusciti a vincere il Mondiale siano infedeli e blasfemi, avendo tutti in dotazione l’eretica pigmentazione chiara”. Così Sallusti, che poi produce l’elenco di suddetti campioni del Mondo ironizzando sulla presunta arretratezza e imperfezione, rispetto al dio dei piloti.
“IL DIO DEI PILOTI E’ NERO”: BUFERA SUL TWEET DI FORMIGLI
Ora: cosa si nasconda dietro il tweet di Formigli, non è dato sapere. Meglio: forse possiamo ipotizzare che la volontà di essere malizioso ci fosse, come anche l’intenzione di scatenare il putiferio. Cosa puntualmente avvenuta, anche perché il terreno era fertile: del resto da quando Lewis Hamilton ha iniziato a mettere in fila vittorie su vittorie, da quando si è capito che prima o poi i record di Michael Schumacher sarebbero caduti, il popolo italiano (ma non solo, per carità, e non in maniera generalizzata) si è come sempre dato al fazionismo, sottolineando – commenti letti in rete – che “Hamilton non arriverà mai a Schumacher anche se vincesse 200 Mondiali” e via di questo tenore, pro o contro l’inglese della Mercedes che, ricordiamolo, domenica in Turchia ha messo in bacheca il settimo titolo iridato in carriera. Il fazionismo, brutta bestia: impedisce sempre di ammirare, gustare e applaudire le indistinte imprese sportive, magari certo accettando una certa simpatia più o meno forte per quello o quell’altro, e rende appannato il giudizio. Altro esempio lampante è Marc Marquez: sarà antipatico e “scorretto”, tutto quello che si vuole, ma in certi casi (anche qui non si può generalizzare) la profusione di commenti negativi (per stare sul leggero) a indirizzo dello spagnolo gli derivano dal solo fatto che un bel giorno è sceso in pista e ha iniziato ad andare più veloce di Valentino Rossi.
Ecco, fino a qui però siamo allo sport e ai risultati sportivi. Con il tweet di Formigli si è andati oltre: malizia, intenzioni e ipotesi che al contrario sarebbe stato lui il primo a gridare allo scandalo, la sua frase racconta un puro e semplice dato di fatto. Ovvero che Lewis Hamilton è nero, e che in questo momento è il dio della Formula 1. Record di vittorie (9), record di Mondiali – condiviso con Schumacher – sei titoli nelle ultime sette stagioni: chi se non lui sarebbe meritorio del nomignolo (con lettera d minuscola)? Eppure anche qui si è trovato il modo di farne una questione di razza: attenzione, ripetiamo, forse il primo che l’ha presa in questo modo è stato Formigli. Personalmente, sarebbe stato meglio procedere oltre: fare un bell’applauso al numero 44 della Mercedes e, magari l’anno prossimo, aspettare un altro campione del mondo di pelle diversa. O magari, discutere di tanti messaggi politici e razziali che il suddetto Hamilton ha lanciato pubblicamente: slogan su t-shirt e casco, dichiarazioni pepate e anche poco consone (come quando si augurò l’arresto delle forze dell’ordine), una continua battaglia ideologica che, comunque la si pensi, sarebbe oggetto del contendere molto più del colore della sua pelle. Del resto, Hamilton così ci è nato…