Nell’intervento all’incontro del Meeting di Rimini dal titolo “Il grande tradimento: ragazzi perduti e ritrovati” vorrò tratteggiare alcune condizioni del mondo giovanile e della necessaria importante capacità educativa che dobbiamo ritrovare.

Il dramma più grande di ogni ragazzo è quello di non conoscere, non riuscire ad ascoltare, a capire il suo cuore, tutta l’attesa, l’enorme desiderio di cui è fatto. Insieme al fatto di non avere vicino adulti, amici che lo aiutano a scoprire, a capire questo suo cuore.



Questo è il grande tradimento: avere un cuore che ha tutto, che ha dentro l’infinito e non essere aiutato a viverlo.

Nessuno che dice loro che il loro cuore è grande, che è fatto bene.

Testimonierò come un ragazzo non possa vivere con forza e coraggio se non conosce adeguatamente tre grandi cose: il valore della persona, della sua persona; il valore della vita, della realtà; il motivo per cui è al mondo.



Per vivere, per alzarsi al mattino, per lavorare, per metter su famiglia ci vuole una grande cosa, occorre essere davanti, al cospetto di una grande cosa! Invece i ragazzi pensano che il male vinca, che ha già vinto… che la vita, la realtà, non è bella. Invece il bene è sempre più grande di qualsiasi grande male.

Il tradimento di tanti adulti è quando legano i ragazzi a sé, alla loro persona.

Io dico ai ragazzi: non guardate me, guardate dove io guardo: questo è molto più interessante, più responsabilizzante.

Spiegherò, racconterò come la vita non è questione di performance, né di fortuna o sfortuna (i ragazzi si esprimono con altre parole), ma una domanda, un grido…



Ecco allora che occorre chiedere tanto, chiedere tutto ai giovani. Altrimenti non si crede in loro, non si crede nella vita. Non si ha fiducia in loro.

Bisogna essere capaci di chiedere tanto e chiedere tutto soprattutto a chi soffre, a chi ha sofferto. Qual è, altrimenti, il senso della sofferenza, il significato del dolore?

Io dico spesso ai miei ragazzi: “Se io fossi in voi e, dopo tanta sofferenza, scoprissi che non serve a niente e a nessuno, io mi arrabbierei veramente, veramente mi metterei a spaccare tutto”.

Stare con i giovani è un incontro, un avvenimento, una capacità umana, relazionale, di saggezza, di sapienza, di coinvolgimento, di affetto, di compromissione, di sacrificio.

Occorre avere un’idea della vita e della morte, un’idea del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, un’idea del mondo e della storia.

Si dice: sono giovani fragili (l’accento non è più sui giovani – che non fregano più a nessuno – è sulla fragilità). Si dice la famiglia di oggi è fragile, e si pensa alla fragilità, non alla famiglia.

La vera condizione dei ragazzi è non saper vivere, affrontare le situazioni, non saper perché vivere e per chi vivere.

Il punto non è il male, la sconfitta, la perdita, il limite, l’insuccesso…

Il dolore più grande non è il male, è non conoscere il bene, non conoscere l’amore, cioè non saper amare.

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