Un terzo dei disoccupati italiani sono giovani, giovani nel pieno della vita e della speranza del futuro. Milioni in Europa e centinaia di migliaia in Italia, per ora… Penso sia una obbligo per tutti affrontare questa realtà, una delle tante sfaccettature della contemporanea situazione giovanile. Non sfuggirà a nessuno la superficialità e la dimenticanza con la quale la realtà sociale e politica italiana ed europea affronta il tema giovanile. Tranne la Chiesa cattolica italiana, con il suo Progetto culturale sulla Sfida educativa, nessun altra agenzia sociale o soggetto politico si prende la briga di educare, spronare, creare opportunità per i giovani.
Il breakdown dell’enormità dei suicidi dei giovani in Giappone – le recenti statistiche ne contano dai 2 ai 3 al giorno – sta risvegliando dal torpore una delle nazioni più industrializzate del pianeta. I giovani soli e abbandonati, educati al solo successo e al sesso, si spengono e prediligono la morte ad una vita senza “vita”. L’enormità del fenomeno giovanile – il tasso di suicidi aumenta in tutta Europa nel torpore più assoluto – è legata anche alla diffusione della disoccupazione, che colpisce per un terzo proprio i giovani italiani ed europei.
Sì, quei “bamboccioni” tanto dileggiati, oggi si trovano tre coetanei su dieci, spesso laureati e con un livello di specializzazione superiore ai propri padri, senza posto di lavoro e per di più abbandonati dall’opinione pubblica oltre che dalle misure di tutti i governi europei. In Italia accade quello che avviene negli altri Paesi, né più né meno. Lo “zoo di Berlino” – film cult della generazione sazia e abbandonata a droga e alcool nella Berlino degli anni ’80 – sta espandendosi a macchia d’olio. Non è solo e più la droga (per il consumo di stupefacenti sono necessari quattrini) ma il lavoro stesso che manca.
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I Paesi non investono e non scommettono sul futuro dei giovani e così si tagliano i ponti verso un futuro prospero. L’accanimento nichilistico verso le giovani generazioni è tale da poter far prevedere non solo l’accelerazione dello “choc” generazionale europeo, ma finanche una sua deflagrazione impensabile. Poco lavoro e molta disoccupazione per i giovani italiani ed europei, infatti, significa meno capitale umano fresco e geniale sul mercato, meno capitale sociale nelle comunità, meno sguardo e prospettiva di futuro per intere nazioni che, comunque, dovranno affrontare l’inverno demografico e la drammatica inversione del tasso di cambio generazionale, con effetti imprevedibili sui welfare e sulla stessa tenuta geopolitica del continente europeo.
Un esempio lampante della situazione di indifferenza verso la prosperità futura della nazione, quelle future generazioni per le quali si è costruita la democrazia americana e per le quali i fondatori delle democrazie europee hanno sacrificato il lavoro della loro vita, pensiamo ai nostri genitori e nonni, è l’incredibile sbadataggine con la quale il dato statistico del “terzo” di disoccupati giovani è stato accolto nel nostro Paese. Silenzio.
Mi sono immaginato che il fragoroso vuoto pneumatico fosse dovuto alla conclusione della campagna elettorale, poi ho pensato che la Settimana Santa avesse sospeso le buone idee, ora mi devo rassegnare a prendere atto che il dibattito riparte sulle architetture istituzionali, sulle beghe minime che nulla hanno a che fare con l’emergenza e le conseguenze della crisi, la disoccupazione giovanile in primis. Mi si dice che è impopolare il politico che mantiene uno sguardo al futuro, che lavora e vorrebbe discutere dei propri figli e nipoti. Sarà, eppure continuo a pensare che questo sia il nostro vero dovere. Se non troviamo il modo di affrontare il problema della disoccupazione giovanile, se non ci occupiamo del nostro futuro cosa ci stiamo a fare in politica?