C’è voluto tempo per avviare una discussione su uno dei temi più caldi in Europa e nell’Occidente: l’aborto. E solo qualche settimana fa ben due documenti ufficiali delle Nazioni Unite hanno voluto ribadire la propria “ossessione favorevole” sul drammatico tema. Eppure nessuno nega che il primo diritto umano, in ogni dichiarazione universale o in ogni convenzione internazionale, rimanga il diritto alla vita. Troppo spesso negli ultimi decenni è stato dato per scontato questo diritto generativo di altri diritti fondamentali, è stato considerato talmente ovvio da evitare ogni discussione puntuale sulla vita del concepito e si è passati così direttamente al diritto della donna ad abortire.
Un altro punto di vista sull’aborto è approdato alla discussione del Consiglio d’Europa; abbiamo deciso di partire da una comune ingiustizia e tragedia: la selezione sessuale (eugenetica) tramite l’aborto. Il 10 maggio del 2010 ho firmato con altri 21 colleghi una Mozione per Risoluzione e Raccomandazione e nell’ottobre prossimo si discuteranno nella Pleanaria di Strasburgo sia il Rapporto, sia le Risoluzioni (impegni per i Parlamenti nazionali) che le Raccomandazioni (impegni che si chiedono ai Governi dei 47 Paesi Membri).
L’iniziativa che ho proposto ai colleghi nasceva dall’analoga decisione all’unanimità che l’intero Parlamento italiano aveva approvato, chiedendo al Governo di intervenire in sede Onu per vietare la selezione sessuale abortiva. Sono noti i drammatici esiti e le conseguenze devastanti che si produrranno in Cina e in India per questa pratica tremenda che aggiunge alla tragedia della morte di un bimbo anche la perfidia dell’eugenetica.
Come mai ci è voluto tanto tempo? Nell’ottobre scorso, alla prima sessione Plenaria dopo la consegna della Mozione, la Commissione pari opportunità ha indicato un Relatore (Mrs. Doris Stump dei Socialisti Svizzeri) la quale ha preparato una prima bozza, discusso nella stessa commissione e infine approvato l’intero impianto del Rapporto, comprensivo di Risoluzioni e Raccomandazioni. L’Aula di Strasburgo quindi la discuterà e approverà nella Sessione dell’ottobre prossimo.
Nell’attuale proposta di Risoluzione, da un lato si mette in evidenza l’ampia possibilità di analisi e “determinazione prenatale” che le nuove tecniche posso mettere a disposizione dei genitori, ma anche la nuova e terribile propensione a un nuovo “trend globale degli aborti selettivi”. Una tendenza che sposta la preferenza a favore dei maschi è “presente anche in alcuni Paesi europei”. Considerando le possibili conseguenze di questa “discriminazione sessuale”, il documento afferma che questo “squilibrio di genere costituisce una grave minaccia per la sicurezza globale. La selezione pre-natale, l’uccisione di femmine porterà nel prossimo futuro a un ulteriore calo radicale dei tassi di natalità, che potrebbe pericolosamente compromettere la sostenibilità di intere economie nazionali”.
La Risoluzione cita anche le conseguenze negative di un futuro maschilista di popolazioni dove gli uomini non sono in grado di trovare moglie e una famiglia. La Raccomandazione chiede che l’uso di diagnosi prenatale debba essere strettamente limitato “per identificare le condizioni mediche e le malattie che possono essere trattate durante la gravidanza” e “non per il sesso e la pratica degli aborti selettivi”.
Un riconoscimento di questa tendenza emergente si trova anche nel fatto che cinque agenzie delle Nazioni Unite si sono unite per rilasciare nel giugno scorso una dichiarazione interdipartimentale su “Prevenire la selezione del sesso”. La dichiarazione, sulla base di un ampio rapporto, fa richiesta di “rinnovare gli sforzi concertati […] per affrontare la discriminazione di genere profondamente radicati contro donne e ragazze che si trova al centro della selezione del sesso”.
Questo fenomeno non è limitato al sud del mondo, all’Asia orientale e centrale. In Svezia, ad esempio, gli aborti selettivi non sono illegali. Secondo una sentenza del Consiglio nazionale svedese della sanità, le donne possono abortire in base al sesso del bambino. Ciò ha portato alcune donne nella vicina Norvegia, dove gli aborti selettivi sono illegali, a viaggiare in Svezia per abortire i figli indesiderati.
Questa è l’ennesima dimostrazione di come la crisi culturale porta a quella demografico-sociale e infine a quella economica. A ottobre ci sarà un dibattito importante su un tema cruciale e urgente. Un primo passo per tornare, nell’interesse di tutti, a riflettere su quel diritto umano sorgente: la vita.