Caro direttore, in questi giorni ho notato con una certa preoccupazione la superficialità di alcuni commenti di giornalisti italiani sulla cruciale vicenda della crisi di sistema tra potere giudiziario e potere politico che il Paese si trascina dall’inizio degli anni ’90 ad oggi.
È bene ricordare brevemente che sin da allora, insieme a pochi ladri nascosti sotto le sembianze di dirigenti politici, vennero banditi dalla politica decine di migliaia di amministratori fedeli al mandato elettorale, impegnati in tutti i livelli delle istituzioni (dalle più piccole amministrazioni comunali al vertice delle istituzioni nazionali ).
Quel cambiare tutto, che pure era presente nella opinione pubblica, si trasformò per un tornare al punto di partenza. Irrisolto da allora rimane infatti il rapporto tra i due poteri della nostra democrazia, non di meno lo stesso rapporto tra esecutivo e parlamento si è di molto trasformato in peggio.
Negli ultimi venti anni tutti i tentativi, più o meno sinceramente rivolti al bene della nazione, di sciogliere questo nodo sono falliti.
Oggi ci si ritrova, in una situazione grave, a ridiscutere del tema e difficilmente esso potrà essere eluso.
Detto ciò, vorrei far notare al di la delle tifoserie riemergenti, che i sospetti su possibili pregiudizi nei confronti di partiti e leader legati al PPE non è per nulla  infondato.
Della vicenda riguardante Silvio Berlusconi sono piene le cronache giornalistiche di questi giorni e, per certo, almeno le affermazioni dello stimato avvocato Coppi, sulla “impensabile accelerazione” della Corte di Cassazione, devono fare riflettere.
Aggiungo che sette giorni orsono, il Consiglio Costituzionale di Francia ha condannato Nicolas Sarkozy a pagare una ammenda di 11 milioni di euro per aver depositato una documentazione erronea sul bilancio della propria campagna elettorale alle Presidenziali scorse. L’ errore ammonterebbe al 2% delle spese (400/500,000) ma la sanzione comminata è stata il massimo possibile, appunto 11 milioni di euro.
Ovviamente esistono differenze tra i due casi, l’italiano e il francese, ma non può sfuggire che in entrambi i casi il rischio reale è quello di eliminare o fortissimamente condizionare la competizione elettorale e l’intero normale svolgersi della alternanza democratica tra formazioni politiche diverse.

Sarà forse sola e pura casualità, in entrambi i casi e a pochi giorni di distanza, due tra i più importanti partiti politici legati al PPE e rappresentanti del “centrodestra” dei loro Paesi rischiano di perdere il proprio leader o addirittura di veder limitata la loro partecipazione alla competizione politica democratica.

Ovviamente la magistratura va rispettata e due soli indizi su scala europea non possono certo far gridare al complotto, tuttavia temo che i casi si ripetano e ciò che sta accadendo in queste ore in Lussemburgo possa, nel tempo, possa fornirci indizi simili.
Tutto ciò serva a suggerire un ampliamento di orizzonte al dibattito interno, ci sono elementi altrettanto gravi e preoccupanti circa una ripresa del conflitto tra magistratura e almeno una parte politica in Europa.
Sicuramente, i prossimi anni in Europa saranno decisivi per il futuro stesso della Unione, determinanti per la propria credibilità e per il rapporto tra essa, gli stati e i cittadini, ma ancor più lo saranno per determinare il ruolo politico globale dell’Europa nel XXI secolo.
Basterebbe legge con un minimo di attenzione le previsioni macroeconomiche dell’OECD per il prossimo ventennio per rendersi conto della urgenza di riforme, ad ogni livello, per il rilancio dei Paesi europei e della stessa Unione Europea.
In questa prospettiva e all’interno di questo scenario entusiasmante perché carico di sfide e allo stesso tempo grave, non si devono escludere interessi economici e politici interni ma anche esterni e globali volti a favorire o meno una direzione politica europea, piuttosto che un’altra.
Non credo che la famiglia socialista sia protagonista di queste semplici e chiare pressioni, certo essa può trarne vantaggi immediati.
A lungo andare esiste il rischio di moltiplicare in Europa evoluzioni democratiche che virino verso vere e proprie oligarchie o aristocrazie dal colore politico definito. Senza realistiche alternanze, il rischio di “tirannie delle maggioranze” sarà più che attuale.
Dunque è tempo di tornare a guardare il “particolare” ma come occasione di riflettere più in generale, il problema irrisolto del rapporto tra potere giudiziario e politico cresce e rischia ora di mettere limita la stessa alternanza e competizione democratica tra le forze politiche.
Non possiamo ridurre tutto alle stancanti polemiche tra tifoserie, ci sono dei fatti oggettivi in tutta Europa che ci inviterebbero a riflettere con maggiore attenzione.