Quante parole, troppe e spesso superficiali. Provo a dire la mia. I fatti accaduti nelle ultime settimane in Europa sono eclatanti. In Irlanda vota il 60 per cento circa dei cittadini, vince la riforma e si approva la nuova normativa su matrimoni gay, maternità surrogata e antidiscriminazione. Tutti i partiti irlandesi e tutte le multinazionali presenti sul sacro suolo di San Patrizio hanno fatto la loro campagna a favore delle riforme, si sono spesi milioni di euro per ottenere una vittoria “storica ed esemplare”, come ha detto il primo ministro del Ppe, Enda Kenny.

Ha detto la verità, infatti è la prima volta che su un tema come quello famigliare non solo tutti i partiti politici ma anche le multinazionali hanno giocato un ruolo esplicitamente politico, dimostrando un’evidente evoluzione della loro natura da imprese a imprese-partito. E’ stato un perfetto esperimento di ingegneria e costruzione sociale e politica; è riuscito, complimenti ai vincitori. Non dimentichiamoci che tutto è iniziato con gli scandali della pedofilia e le complicità accertate della Chiesa d’Irlanda, da quel momento si è pianificato prima l’aborto e ora il matrimonio gay e la maternità surrogata.

Tuttavia, nonostante l’autoaccusa del cardinale Martin, che — invitando a prendere atto dell’evoluzione sociale — ha denunciato la fragilità della pastorale famigliare e giovanile in Irlanda, il 40 per cento dei cittadini votanti ha espressamente votato contro la riforma. Questo dato, per nulla evidenziato, pone una sfida alla società civile e alla politica. Questi cittadini non hanno rappresentanza politica di partito, devono essere parte della discussione pubblica, è necessario rappresentarli pubblicamente. La Chiesa non lo potrà più fare, dopo aver pagato per gli errori del passato ed essere stata ridotta al silenzio. 

Si aprono scenari molto positivi per il prossimo futuro politico e sociale di Irlanda, molto dipenderà dalle attuali forze politiche in Parlamento e dalla sua futura composizione. In Irlanda si è svolto una referendum che può veramente cambiare gli scenari europei, non tanto e non solo per il risultato ma anche per i nuovi protagonisti della vita democratica.

In Polonia, invece, la conferma del vincitore del primo turno alle elezioni presidenziali Andrzej Duda ha provocato reazioni opposte nell’opinione pubblica italiana e internazionale, come se i matrimoni gay fossero europeisti e l’elezione di un conservatore fosse invece anti-europeista. Un esempio simile era già avvenuto in Croazia nei mesi scorsi: tutti a fare il tifo contro la società civile e a favore del Governo socialista pro gay. Dapprima l’esito referendario a favore del matrimonio e della famiglia naturale e contrario alle ipotesi del Governo (introduzione matrimonio gay), poi e recentemente con la vittoria netta e l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica, donna, giovane e fortemente cattolica, anche la Croazia a dato uno schiaffo sonoro al politically correct di una certa Europa.

Il presidente Duda ha il torto, per alcuni, di aver mostrato plasticamente la sua coerenza nel dibattito sulla fecondazione in vitro nel parlamento polacco, negli anni scorsi, e forse di aver deciso di recarsi con la famiglia a Jasna Gora per ringraziare e affidare alla Madonna Nera il suo mandato presidenziale. Le elezioni del prossimo autunno, in Polonia come in Croazia, ci diranno se esistono partiti riconoscibili e attraenti per i cittadini che desiderano un cambiamento, rispetto alle attuali maggioranze di governo, un cambio che includa anche i valori fondanti del matrimonio e della famiglia e non solo slogan anti-austerity.

La débâcle spagnola del PP era invece molto prevedibile, sin dai mesi scorsi era chiarissimo che Podemos avrebbe conquistato molti consensi. Ma cos’è Podemos? E’ un movimento che certo si richiama agli indignados, smemoratissimi e genuini protestatari contro le misure economiche alle quali il Governo del PP è stato obbligato dal decennio di fantasiosi sperperi di Zapatero. Podemos è anche il nuovo nome della Isquierda Unida, i cui anziani fondatori sono gli stessi che sorreggono il nuovo progetto. Il calo dei votanti tra i cittadini spagnoli dimostra la delusione di moltissimi elettori del PP, delusi per varie ragioni, ma soprattutto dall’assoluta mancanza di coerenza con il programma di governo presentato 5 anni orsono. In particolare, il monopartitismo nel centro destra spagnolo si dimostra non più capace di attrarre voti necessari per governare, mentre a sinistra (da Podemos ai Socialisti) c’è un ampio 50 per cento dei consensi. Si apre anche in Spagna lo scenario simile dell’Irlanda? Si fonderà rapidamente un nuovo partito alla destra del PP? I consensi dispersi dal PP e i movimenti pro-family e pro-life sosterranno questo nuovo soggetto politico oppure, vista l’incoerenza del PP, essi sceglieranno di “far vincere” la sinistra e dunque tornare nella stessa brace di Zapatero?

In ultimo, mentre ad ovest di Roma la situazione europea appare confusa e incerta, sia sul piano politico che sociale, ad est ci sono elementi di incertezza ma una comune e chiara fermezza sui pilastri che “prevengono” la democrazia e lo Stato: famiglia in primis. 

L’Europa deve riflettere, su questi risultati. C’è da sperare che lo si faccia evitando giudizi avventati o impulsivi e partendo da un fatto grave, non solo per la mancanza di educazione che lo caratterizza: l’insulto pubblico del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nei confronti del presidente ungherese Orban, accusato di tirannia. Questo fatto la dice lunga sulla perdita di rispetto e sulla montante superbia di una Commissione sempre più “fuori” dal mondo reale europeo, tranne poche eccezioni.

Le sinistre di Podemos e Tspiras son ben diverse, almeno quanto Fidezt e i Cristiani democratici del Lussemburgo; avendo disperso ogni radice comune (vedi fallimento dell’intesa sui migranti), tutto ciò rischia di trasformarsi in una babele e di questo non c’è nulla di che rallegrarsi.