Niente di nuovo sotto il sole italiano: spinelli (non l’Altiero) dei pianti e dei sospiri. Nel mentre che l’Europa dei padri fondatori si contorce in gemiti e pianti e uno dei suoi ispiratori (Spinelli) si agita nella tomba, pare si affaccino nel dibattito sociale e politico italiano nuove emergenze, urgenze senza le quali non avremmo saputo come trascorrere queste settimane in compagnia del caloroso Caronte anticliclone.
I pianti delle prime pagine sono vari e tutti sinceri, si va da quello del presidente della Regione Sicilia (dopo la telefonata — ma esiste o no? — in cui si incitava all’omicidio di Lucia Borsellino) a quello della bimba libanese tedesca (dopo la risposta della Merkel), sino alle lacrime di Bruce Jenner, ovvero il transgender Caitlyn durante la premiazione a Los Angeles, e di Lula (dopo l’apertura dell’indagine per corruzione in Brasile). Naturalmente questa sarà la seconda frontiera della lotta contro la “discriminazione” globale, priorità della politica estera Usa e traguardo successivo delle unioni civili italiane. Non riesco ad immaginare come l’Altiero sia arrabbiato nell’aldilà per la notorietà che sta acquisendo il suo cognome in questi giorni di calura estiva, si parla a vanvera di spinelli e nemmeno per riflettere sulle cause e le medicine necessarie all’Europa. No, si vuol solo assecondare una moda e un business, pericolosissimi, che daranno manforte agli affari di multinazionali e produttori: la cannabis.
Non vi è dubbio che la compagine radicale, da Manconi a Della Vedova, abbia colto con intelligenza politica un semplice dato reale: il Parlamento italiano e gran parte dei mass media sono oggi molto favorevoli ad una legalizzazione della cannabis. Tuttavia non il consenso volubile e temporaneo può eliminare i pericoli e trasformare una cattiva idea in buona legge.
Forse a molti entusiasti sostenitori, taluni dei quali potrebbero essere anche fumatori di spinelli, andrebbe consigliata una semplice rilettura del monito messo nero su bianco da Claudio Risé qualche anno fa. La cannabis, diceva giustamente Risé, è pericolosa per il cervello, soprattutto per quello degli adolescenti; riduce le capacità cognitive, aumenta i problemi di memoria e di concentrazione, reca disturbi nella capacità di formulare idee e risolvere i problemi. E intraprendere la strada della cannabis porta nella maggior parte dei casi all’uso di droghe molto più pesanti e mortali. Possibile che un Paese con la metà dei giovani che sono disoccupati abbia come primo problema quello di danneggiare gravemente l’altra metà del proprio futuro?
L’appello alla liberalizzazione nel 2011 era stato presentato da personalità mondiali e insospettabili. Tra loro, anche l’ex presidente dell’Onu, Kofi Annan. E ancora, tra i politici, l’ex commissario Ue, Javier Solana, l’ex segretario di Stato statunitense, George Schultz e diversi ex presidenti. Alcuni con una profonda conoscenza diretta del tema, come il colombiano Cesar Gaviria. Ma la lista dei nomi coinvolti comprende anche personalità del mondo della cultura: come il premio Nobel per la letteratura peruviano, Mario Vargas Llosa, e lo scrittore messicano Carlos Fuentes.
E ancora esperti come il francese Michel Kazatchkine, direttore del Fondo mondiale contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria. Non è un caso che la Open Society di George Soros, insieme ad altre fondazioni, sia tra i maggiori partner della Global commission on drug policy. Paradossalmente, forse tragicamente se consideriamo i dati forniti da Risé, la campagna per la liberalizzazione promossa da questa “commissione” si intitola: “pensa liberamente”. Sarebbe stato più consono usare il titolo “libero dal pensare”. Per inciso, come riporta La Stampa del 10 aprile 2014: “Sono almeno 80 i milioni di dollari che George Soros ha speso per favorire la legalizzazione delle droghe leggere negli Stati Uniti”. Forse al Governo e in maggioranza c’è qualcuno che pensa anche a questi investimenti per far decollare il Pil italico.
In fondo, non siamo già liberati dal pensiero? Il bombardamento mediatico a tutti i livelli già ora ci sprona al sentimentalismo compassionevole o istintuale, dalle lacrimazioni globali alle pornografie virtuali. Rispetto per i promotori per la loro iniziativa, totale e pubblica contrarietà laica e scientifica per essa e, infine, appello a leggere e rileggere in un attimo di lucidità sia lo Spinelli originale (sull’Europa), sia il decalogo di Claudio Risé. Se una lacrima si vuol spendere, spendiamola con ragione per noi stessi e la mancanza di consapevolezza e azione per i massacri continui e i genocidi quotidiani di cristiani nel mondo.