In un articolo pubblicato lo scorso mercoledì dal quotidiano The Guardian, il primo ministro (pro-tempore) della Turchia ha invitato fortemente l’Unione Europea ad intervenire e accogliere i rifugiati. “Alcuni leader europei, non avendo imparato nulla dalla storia, stanno invocando le radici cristiane come criterio di accoglienza nei confronti dei rifugiati”. 



Direi che il premier Davutoglu ha usato ottime ragioni, anche elettorali interne, per dirci due cose: fate il vostro dovere (visto che i turchi hanno accolto due milioni di rifugiati) ed evitate il ridicolo (visto che voi europei avete bocciato le vostre radici cristiane). Abituiamoci ad essere trattati come meritiamo, come ogni altro attore internazionale: ogni superbia europea non ha più ragione di esistere. Partiamo da queste parole e dalla situazione turca, in questo momento di caos e nere nubi sopra i cieli del Mediterraneo, per cercare di fornire chiavi di lettura e informazioni utili.



In Turchia, nell’approssimarsi delle prossime elezioni del primo novembre, gli attentati dei terroristi del Pkk si fanno sempre più feroci e mortali. Il partito Hdp è nel governo pro-tempore anche se ci sono sospetti di legami tra Hdp e ambienti internazionali legati al Pkk. Tant’è che le autorità di Ankara hanno giustamente chiesto ai paesi europei di collaborare e consegnare i terroristi legati a questa formazione che risiedono bellamente in diverse capitali europee. 

Il Pkk è riconosciuto dalla Ue, dagli Usa e dalla stessa Turchia come una organizzazione terroristica, ma nessuna collaborazione è sinora stata fornita ad Ankara. Lo stesso presidente Erdogan ha ribadito nei giorni scorsi come la soluzione più efficace contro il violentissimo rigurgito terroristico in atto nel Paese sia la ferma collaborazione dei cittadini turchi/curdi con le autorità. Non voglio certo affermare che la Turchia sia il miglior paese del mondo, vorrei solo insinuare il dubbio che se noi fossimo nelle stesse condizioni della Turchia e da luglio non passasse giorno senza 3-5-10 agenti di polizia e militari morti a causa delle Brigate rosse, ci comporteremmo e valuteremmo le cose in modo molto diverso, se dovessimo prendere atto di un sostegno internazionale verso un partito sospettato di legami con i terroristi; forse avremmo di che allarmarci e protesteremmo con forza. Lo faremmo; pensiamo invece che la Turchia non lo possa ne debba fare, perché?

Perché non apriamo gli occhi sulle possibili conseguenze di indebite pressioni interessate a destabilizzare Turchia e Azerbaijan, dove si voterà lo stesso 1° novembre? Eppure la stabilità di entrambi i Paesi è cruciale per molte ragioni, politiche ed anche economiche, per il futuro dell’Europa e della stabilità orientale. Non a caso, in vista delle prossime elezioni parlamentari in Azerbaijan, le molte agenzie di promozione dei diritti umani che vedono a capofila un noto filantropo, stanno inscenando una protesta internazionale per la mancanza di libertà di stampa nel Paese.

Non una parola o uno sforzo per avvicinare la soluzione sui territori occupati del Nagorno Karabah, né un cenno sulle centinaia di migliaia di sfollati, addirittura il commissario dei diritti umani dell’Onu ha trovato “originale”rilanciare la polemica con i medesimi argomenti e le identiche parole usate nei dossier di Human Rights Watch. Coincidenze, forse, ma che pericolosamente accelerano la possibilità di creare instabilità geopolitiche. 

La soluzione, anche in questo caso, non è chiudere gli occhi, ma valutare i fatti ed essere obiettivi, non usare sempre (per interessi innominabili) il doppio metro e doppi standard. Trovo assolutamente legittimo e doveroso che Erdogan e Alyiev, i due presidenti delle due repubbliche, difendano i loro paesi da ingerenze e interessi elettorali esterni. Un conto è collaborare per introdurre possibili riforme, un altro è cercare di influire sui risultati elettorali. Vogliamo parlare dei gioiosi articoli apparsi sulla possibile primavera araba in Libano, nei quali si esaltavano le proteste in un Paese che per natura, storia e situazione contingente potrebbe esplodere da un momento all’altro?

Siamo viziati, non solo per la pigrizia che ci impedisce di informarci leggendo le agenzie e i siti web della stampa non occidentale, ma anche perché difficilmente riusciamo a guardare con entrambi gli occhi. Il serio caso degli aiuti logistici da parte russa ad Assad ne è un ulteriore fulgido esempio. Il ministro Lavrov ha speso molti giorni agostani in visita nelle diverse capitali dei Paesi del Golfo, nei primissimi giorni di settembre a Mosca un incontro bilaterale si è svolto tra i ministri della Difesa dei due Paesi, nei giorni scorsi una serie di voli russi hanno rafforzato l’arsenale del governo siriano. Proteste occidentali. Perché?

La coalizione anti-terrore non ha nessun mandato dell’Onu, non si vuole includere nella coalizione né Iran, né Russia. Si dice, senza vergogna di apparire ridicoli, che l’intervento russo aggraverà la situazione. Siamo seri, almeno si salvi la dignità. Aggravare? Forse dopo i fallimenti dichiarati dagli Usa, dovremo dire invece che l’intervento russo (come quello iraniano) possono accelerare la soluzione della sconfitta del Daesh e la successiva soluzione politica in Siria. 

Dopo quello che è stato provocato in Libia e Siria dagli sforzi “benevoli” e “umanitari” di Usa, Francia e  Regno Unito forse sarebbe utile che la Nato tacesse e l’Onu definisse i contorni di una coalizione anti-Daesh senza veti e senza vezzi da parte di alcuno. Dove stiamo andando di questo passo? Assecondiamo la destabilizzazione di aree geopolitiche limitrofe o di serio interesse europeo (non apro parentesi Ucraina e questione rifugiati/migranti per pietà di patria), abusiamo di doppi standard con tracotante e incomprensibile reattività e senza alcuna strategia, né leadership occidentale. Tutto avviene nel silenzio più tombale.

Ho riletto alcuni brani della recente enciclica Laudato si’, ovviamente dimenticata dieci giorni dopo la pubblicazione, e trovo che il cambio di paradigma, il cambiamento’a cui il Papa richiama il mondo sia urgentissimo e impellente. L’unico vero leader mondiale è, senza volerlo, proprio Papa Francesco che guarda la realtà nella sua totalità e il cuore dell’uomo. State sereni, non si parlerà nel suo viaggio Usa dei migranti e rifugiati, ma delle ragioni vere che portano al disastro questo nostro mondo.