“Quattro, cinque ore di troppo. Quattro, cinque ore, la notte di venerdì scorso, nel corso delle quali le cancellerie europee hanno evitato di prendere energicamente le distanze dal colpo di Stato che era in atto in Turchia. Un tempo lunghissimo nel quale quelle cancellerie sono rimaste inerti a valutare ‘l’evolversi dell’iniziativa militare'”.
Paolo Mieli sul Corriere della Sera, con coraggio, ha messo in risalto una fondamentale crepa nel muro di ipocrisia che la gran parte della leadership europea e occidentale vanno erigendo contro la Turchia. C’erano alcuni che avrebbero preferito un successo del colpo di Stato militare? E’ così che si deve leggere il “silenzio” delle cancellerie nelle ore notturne di venerdì e sabato scorsi? L’Europa e la Nato che chiedono (senza nessuna parola di solidarietà né di condoglianze per le vittime innocenti) il rispetto dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti umani in Turchia, sono le stesse organizzazioni che hanno dimostrato un’inquietante titubanza nella notte di venerdì, sono gli stessi che non hanno né voluto, né potuto condannare il tentativo di “colpo di Stato” militare nei minuti successivi ai primi scontri, ai bombardamenti del Parlamento, alla caccia al presidente della Repubblica turco?
Non era forse chiaro, sin dai primi voli degli F-16, fin dai primi carri armati sui ponti del Bosforo che c’è una certa differenza tra un “colpo di Stato militare” e un parlamento eletto, un presidente eletto, una democrazia che rispetta le regole fondamentali dello stato di diritto e i diritti umani?
L’Ue ritiene che la Turchia non rispetti le convenzioni internazionali? Già da ieri avrebbe dovuto chiederne l’espulsione dal Consiglio d’Europa e dalla Nato.
In effetti, ad essere sinceri, questa incoerenza europea (io la ritengo una grave miopia) dimostra solo la ricerca di un “capro espiatorio”, cioè di una circostanza favorevole alla stessa Ue per stracciare l’accordo sui migranti e con esso tutti i decenni di trattative per l’entrata della Turchia in Europa.
Aggiungo: la presa di distanze e le ambiguità europee sulla Turchia saranno usate dalla politica interna di molti potenti paesi dell’Unione in vista delle elezioni interne. In una parola, la “preventiva” fermezza di alcune cancellerie e commissari europei verso la Turchia, potrebbe ri-spostare il malcontento elettorale verso i partiti tradizionali. Una illusione politicamente folle.
Le vicende accadute nella notte di venerdì e alle prime ore di sabato scorso, lasciano aperti molti altri dubbi. Il primo sul coinvolgimento degli Usa, su cui oggi Gianluca Di Feo scrive un dettagliato articolo su Repubblica.
Lo stesso portavoce del Pentagono Peter Cook, nel suo briefing con la stampa, non ha chiarito nessuno degli aspetti delicati sulla vicenda di un possibile rifornimento in volo degli F-16 da parte di velivoli americani, né sulla conoscenza che gli Usa avevano del tentativo di colpo di Stato.



Inoltre, la minaccia della Nato di espellere la Turchia, in caso di introduzione della pena di morte, quale dimostrazione di coerenza e serio impegno produce, visto che negli stessi Usa (membro influente della Nato) quella pena è in vigore, come pure in Afghanistan (paese in cui siamo attivi da decenni)? Poco credibile anche la minaccia europea, visto che la stessa Ue e tutti i paesi membri hanno fiorenti accordi con Arabia Saudita, Iran, Emirati, Giappone etc.
Io sono totalmente contrario alla pena di morte, non solo perché non rispetta la funzione stessa della pena, ma perché viola la “dignità umana” della persona privandola della vita. Mi pare che la stessa cosa non possa essere coerentemente affermata da molti paesi europei che promuovono legislazioni favorevoli all’aborto in tutto in mondo. Tuttavia, Erdogan anche in questo caso ha affermato che sarà il Parlamento che dovrà discuterne.
Veniamo al sospetto della “lista (dei sospetti) preparata” dal Governo turco prima del tentativo di golpe. Trovo che questa accusa si ritorca verso coloro che la agitano. Infatti, se fosse stata preparata prima dei recenti avvenimenti o anche se fosse stata stilata nei giorni successivi, in entrambi i casi sarebbe la dimostrazione chiara della competenza e prontezza dei servizi antiterrorismo turchi, a cui dovrebbero ispirarsi le forze speciali di non pochi paesi della Ue (purtroppo i tragici errori nelle indagini in Belgio e Francia hanno dimostrato impreparazione).
Si arriva al punto di criticare la presenza popolare di cittadini che hanno contribuito al fallimento del colpo di Stato in molte città della Turchia, si censura che questi cittadini turchi e musulmani hanno sventato l’incendio di due chiese, a Malatya (protestante) e Trebisonda (cattolica), da parte di gruppi di estremisti.
Mi si permetta di ricordare che viviamo in un contesto geopolitico complesso e carico di auspici e pericoli. Qualcuno a Roma o Bruxelles si è accorto dell’intesa politica Russia-Usa sui dossier Siria, Ucraina e Medio Oriente o, quantomeno, di una intesa “operativa”? Non dovremmo essere felici della ripresa dei legami di amicizia tra Turchia e Israele e di quelli turco-russi? Non dovremmo promuoverli ed inserirci all’interno di questi dialoghi così fecondi di opportunità di pace e fecondi di benessere futuri?
Non sarà sfuggito che, negli stessi giorni in cui si tentava il colpo di Stato in Turchia, in Armenia e Kazakhstan gruppi armati e oppositori di quei governi hanno compiuto atti terroristici simbolici ma molto preoccupanti. C’è un disegno o almeno il tentativo di destabilizzare la regione del Caucaso a poche settimane dal vertice tra i presidenti dei Paesi limitrofi o che si affacciano sul Mar Caspio? 



A chi gioverebbero, mentre ancora stiamo combattendo la lunga guerra con il califfato in Medio Oriente, Africa e in casa nostra, nuove tensioni e instabilità politiche? Papa Francesco, dopo aver visitato l’Armenia nei mesi scorsi, si recherà in Georgia e Azerbaijan nel prossimo settembre, e come ha fatto in Armenia così farà in questi due paesi, ricordando le enormi tradizioni di convivenza, accoglienza e fratellanza di quei popoli. Qualcuno è infastidito anche dai viaggi e dalle parole del Papa Francesco?
Se non abbiamo ben in mente questo contesto generale, incluse le tensioni interne agli Stati Uniti destinate a crescere almeno sino alle prossime elezioni, come possiamo valutare oggettivamente le singole situazioni nazionali e, noi stessi, aver una minima consapevolezza dei rischi e delle opportunità del ruolo europeo?