L’Indice dei Diritti di Proprietà Internazionale (Ipri) è la principale pubblicazione dell’Associazione Americana del Diritto di Proprietà con sede a Washington (Pra). L’associazione dedica il suo impegno a promuovere i diritti di proprietà in tutto il mondo. Nella indagine di quest’anno dell’Ipri, l’associazione ha lavorato per la ricerca dei dati con più di 102 organizzazioni sociali e politiche nei 70 Paesi coinvolti nella ricerca, misurando lo sviluppo delle politiche economiche, sull’educazione e per la promozione dei diritti di proprietà nei loro paesi.
L’edizione 2016 dell’Ipri esamina 128 paesi ed è appena stato pubblicato l’Executive Summary della ricerca di quest’anno. Ai curiosi anticipiamo che il nostro belpaese anche stavolta non brilla, si classifica solo 50esimo nella classifica generale e tra i Paesi della Ue ci troviamo appena sopra la Grecia e la Bulgaria. Ben poco di cui stare allegri, dunque.
L’importanza dei diritti di proprietà è legata ai valori e ai principi della libertà individuale e l’applicazione di un sistema di diritti di proprietà forte è un elemento chiave nel promuovere la crescita economica. I diritti di proprietà sono la chiave di volta per la prosperità delle società.
Dal 2007, la Pra pubblica il proprio indice annuale che serve come “barometro” nel valutare lo stato dei diritti di proprietà, fisiche e intellettuali nei paesi di tutto il mondo.
L’Ipri è derivato da 10 fattori, raggruppati in tre componenti: ambiente legale e politico (Lp), i diritti di proprietà fisiche (Ppr) e i diritti di proprietà intellettuale (Dpi).
La portata di questa edizione 2016 è ampia e infatti conta paesi per un totale del 98,26% del Pil mondiale e il 92% della popolazione mondiale.
In questa edizione del 2016 l’Ipri valuta un totale di 128 paesi di tutto il mondo. La selezione dei paesi è stata determinata esclusivamente dalla disponibilità di dati sufficienti.
In media, il campione completo di 128 paesi ha prodotto quest’anno un punteggio Ipri di 5,45: la componente dell’ambiente legale e politico (Lp) è quella più debole e raccoglie un punteggio di 5,13; la componente della proprietà intellettuale (Dpi) ha un punteggio medio di 5,33 mentre quella dei diritti di proprietà fisica (Ppr) risulta la componente più forte, con un punteggio di 5,87.
Il totale massimo di punteggio di 10 non è stato raggiunto da nessun paese del mondo, anche se quest’anno l’associazione ha riscontrato un miglioramento complessivo dei punteggi Ipri.
La Finlandia rimane al primo posto nel Report Ipri del 2016 (8,38), seguita dalla Nuova Zelanda (8,27), Lussemburgo (8,26), Norvegia (8,25) e Svizzera (8,16). La Nuova Zelanda mostra il punteggio più alto nel Lp (9,01), seguita da Finlandia (8,87) e Norvegia (8,75); mentre il Qatar (8.21), Singapore (8.16) e la Norvegia sono in testa i punteggi nel Ppr. Invece, Stati Uniti (8,63), Giappone (8,62) e Finlandia (8,59) sono al top per i diritti di proprietà intellettuale.
In fondo troviamo la Repubblica Bolivariana del Venezuela (2,73) seguita da Myanmar (2,76), Bangladesh (2,77), Haiti (2,84), Zimbabwe (3,40), Burundi (3,44), Nigeria (3,56), Pakistan (3,68), Moldavia (3.72), Mauritania (3,73), Chad (3,74), Libano (3,83), Madagascar (3,84), Ucraina (3,93) e Nicaragua (3,98).
Da segnalare che quest’anno l’Ipri ha introdotto nelle proprie valutazioni sullo “sviluppo umano” due indici che sono stati considerati per analizzare questa dimensione: l’Indice di Sviluppo Umano (Hdi) e l’Indice Globale sulla libertà di insegnamento (Fei).
Il brillante e apprezzato segretario generale del network internazionale che lavora all’Indice, Lorenzo Montanari, aveva sin dalla scorsa primavera valutato la possibilità di introdurre tra le valutazioni dell’Ipri 2016 anche il Report Globale sulla Educazione (Fei o Gife), frutto della collaborazione e ricerca tra l’italiana Fondazione Novae Terrae e Oidel di Ginevra.
Le correlazioni con entrambi questi indici indipendenti sono significative e positive, anche se l’Hdi ha mostrato correlazioni più elevate rispetto al Fei (nel Report chiamato Gife).
Soprattutto il Fei è stato molto significativo nella valutazione della componente Dpi (diritti di proprietà intellettuale), incidendo per un valore di 0,605, proprio perché valutando la libertà, qualità e diritto all’educazione misura allo stesso tempo le capacità creative che possono o meno rafforzare il godimento delle libertà e delle garanzie in materia di diritti di proprietà intellettuale.
L’Italia anche quest’anno si ritrova nelle parti basse della classifica (50esima posizione), seguita solo da Grecia e Bulgaria tra i Paesi della Ue. C’è ben poco da stare allegri, senza libertà di educazione e nemmeno certezza per la propria proprietà!