Un vecchio aforisma diceva: “Non c’è nulla di più vero del verosimile”. L’aforisma è sempre più valido nel mondo virtuale in cui siamo immersi grazie alla diffusione dei social network. Perché purtroppo non è così difficile imbattersi nella pagina clonata di un grande quotidiano internazionale in cui un articolo è stato riscritto diversamente dall’originale, sicché l’ignaro lettore non sa di leggere o condividere una fake news. Oggi, grazie ai progressi dell’Intelligenza Artificiale messi a disposizione di chiunque, è addirittura possibile trasferire in un video il volto di una persona su quello di un’altra, facendogli assumere in perfetta sincronia tutte le movenze del volto sottostante. Il TG satirico Striscia la Notizia ha mandato in onda un inventato “fuorionda” di Matteo Renzi realizzato con questa tecnica, in cui l’ex-premier si lascia andare a giudizi pesanti su personalità dello Stato e della politica, Presidente della Repubblica incluso.
Naturalmente il video ha immediatamente spopolato in rete tra quanti hanno un confirmation bias che li rende particolarmente disposti verso tutto ciò che critica Renzi o lo mette in cattiva luce. Il bias di conferma è quel fenomeno cognitivo in base al quale le persone si ritrovano più favorevolmente disposte ad ascoltare e a diffondere informazioni in linea con le proprie convinzioni.
In questo caso il deep fake è molto ben studiato, perché il falso Renzi si trova nella tipica situazione di chi è fuorionda in uno studio tv, mentre lo stanno microfonando, e il soggetto, per allentare la tensione, è particolarmente disposto a fare delle confidenze credendo di non essere ripreso. Ai critici di Renzi non sarà parso vero di sentirgli dire a chiare lettere ciò che secondo loro lui pensa veramente, mentre quelli con confirmation bias opposto ne saranno stati come minimo scossi.
Poteva sembrare uno scherzo tipico di Striscia o un filmato autentico, visto che Striscia, le Iene e programmi simili hanno mandato in onda più volte fuorionda “veri”. I conduttori hanno poi subito chiarito. Greggio: “Ma è lui o non è lui? Certo che non è lui!”. Hunziker: “Ma è identico!”. Greggio: “Ma scusi, secondo lei Renzi può dire cose di questo tipo?”. Hunziker: “Certo!”. Greggio: “Ma no, al massimo le pensa, ma non le dice, non le dice, non le dice…”.
Se ce n’era bisogno, l’accaduto mostra una volta di più che non c’è nulla di meno obiettivo di una fotocamera e di una telecamera, specie se assistite da un po’ di Intelligenza Artificiale. E che Internet è tutt’altro che il luogo della democrazia per eccellenza come qualche mitomane ha tentato (e tenta ancora di farci credere). E mostra pure che tecnologie digitali e Intelligenza Artificiale possono essere estremamente pericolosi se non sono rigorosamente controllati.
Non è ancora spenta l’eco dello scandalo Cambridge Analityca o dell’uso spericolato dei social network per influire su elezioni e referendum come quello della Brexit, che compare sullo schermo del nostro pc – e della nostra tv – il risultato di un prodotto audiovisivo adulterato che messo in mano a qualche pazzo o a qualche terrorista potrebbe scatenare gravi disordini o addirittura una guerra. Né tranquillizza il fatto che Facebook affermi di aver creato un tribunale interno per cancellare tutti i post che sanno di hate speech (discorsi di odio) o appaiono fake news.
Durante un convegno in cui veniva dato questo annuncio, il direttore dell’Agenzia Agi Mario Sechi ha detto di aver paura di un simile tribunale, temendo per la sua libertà. Ero tra il pubblico, ma se avessi potuto intervenire avrei chiesto: “Come mai il deep fake di Renzi è stato lasciato circolare liberamente, mentre è stato bloccato il blog del filosofo Fusaro?”.
Ultimamente in molti lamentano di essersi accorti di non poter più raggiungere la solita ampia cerchia di amici, perché probabilmente ciò che dicono non piace al manovratore… che evidentemente esiste e non è un algoritmo, o se lo è, è un algoritmo che esegue precisi ordini (come tutti gli algoritmi). Inoltre, per chi non lo sa, basta che un numero di utenti anche ristretto segnali un profilo dalle caratteristiche “critiche”, per farlo sospendere per un mese.
Un giornalista della stampa estera accanto a me, mi ha fatto presente che su diversi blog e magazine americani si sostiene con dovizia di informazioni che Google e Facebook siano stati creati con lunghi studi e grandi finanziamenti dall’esercito americano, e che solo successivamente siano stati trovati i personaggi cui fare interpretare la parte del ragazzotto geniale che ha inventato tutto in una cantina. Il che è semplicemente impossibile, ma corrisponde alla narrazione che si vuol far passare dell’opportunità di avverarsi del sogno americano. Una volta venute alla luce del sole le tecnologie con cui era possibile fare un grande business, sono state create le società adatte per farlo, mentre quelle di carattere superiore o più avanzato sono ancora top secret.
Non è dato sapere quanto sia vero, certo è molto plausibile, se si pensa che ai suoi inizi internet era un progetto sviluppato per usi militari, il cui nome era Arpanet. Ecco perché c’è da preoccuparsi seriamente: è evidente che i nuovi giocattoli tecnologici stanno sfuggendo sempre più di mano, interferiscono con i processi democratici e pure con quelli educativi, mentre con tutta probabilità gli uomini che li maneggiano sembrano non essere consci di quello che stanno facendo. A differenza di quelli che li hanno prodotti…