È possibile che l’uscita di Berlusconi sulle Ferrovie dello Stato come potenziali compratori di Alitalia sia solo una battuta, come è possibile, e forse più probabile, che voglia essere un segnale alla UE circa la decisione del nuovo governo a risolvere il problema e su linee diverse da quelle finora seguite. La risposta di Neelie Kroes è comunque stata molto chiara: non ha importanza la natura giuridica del compratore, purché vengano rispettate le regole del mercato, cioè non si configurino aiuti di Stato.
Si presenta quindi un’altra ipotesi: che Berlusconi abbia voluto lanciare un ballon d’essai per sondare le reazioni di Bruxelles su un possibile coinvolgimento dello Stato nella famosa cordata per Alitalia. Sembra infatti improbabile che le FS, già cariche di problemi propri, possano lanciarsi da sole in una avventura complicata quale Alitalia. Potrebbero però essere coinvolti altri soggetti, a partire dalla sempre citata Cassa Depositi e Prestiti, o istituzioni tipo F2I, il fondo nazionale infrastrutture varato l’anno scorso dal ministro Padoa Schioppa e partecipato da CDP con diverse fondazioni bancarie e banche, anche se F2I, data la sua forte componente privata, è particolarmente sensibile ai ritorni economici, non cosi visibili al momento per Alitalia. Né di per sé significa nulla la presenza di Intesa San Paolo sia in F2I sia nella vecchia cordata con Airone per Alitalia; tuttavia, tutti questi soggetti sono interessati a reti e infrastrutture e, anche se una compagnia aerea non è tecnicamente tale, è chiaro che i problemi sono interconnessi, basti pensare a Alitalia e Malpensa. D’altro canto, pur se ultimamente un po’ passato in secondo piano, rimane all’ordine del giorno il problema importantissimo di una strategia aeroportuale, che non riguarda solo i due cosiddetti hub. La razionalizzazione e ottimizzazione del sistema aeroportuale richiederebbe però una più generale strategia sui trasporti e la logistica, che sembra in effetti mancare nel nostro paese e comunque di non semplice attuazione. L’elenco dei problemi, e dei cantieri, aperti è lunghissimo: dalla Tav ai valichi, dalla politica autostradale a quella portuale, alle autostrade dei mari e via elencando. Il prossimo governo parrebbe sensibile su questi temi, ma il rischio è che ci si concentri esclusivamente su grandi opere, quali il ponte sullo Stretto, che, se non inserite in una strategia globale, finirebbero per diventare ennesime cattedrali nel deserto o, al di là delle intenzioni, opere di regime.
Sotto questo profilo, un aiuto potrebbe venire dal fatto che chi sostituirà Frattini a Bruxelles non andrà alla giustizia ma, a quanto pare, ai trasporti; un commissario UE ai trasporti italiano potrebbe essere una pedina importante ai fini di quanto detto finora, purché la scelta sia mirata a questo obiettivo e non semplicemente il pagamento di qualche debito politico/partitico. In tutto questo discorso, se non si tratta appunto di boutade, il riferimento di Berlusconi alle FS acquista una luce meno estemporanea. Anche sotto un altro aspetto. È vero che, tecnicamente, una compagnia aerea non è una vera e propria infrastruttura e che il suo compito è far volare efficientemente ed efficacemente passeggeri e merci. Per questa ragione, molti commentatori hanno concluso che una compagnia di bandiera è inutile, o addirittura un concetto sorpassato. Forse questo è corretto in linea di principio, ma l’Italia è un paese che vive, da un lato, sulle esportazioni, in particolare del made in Italy, e dall’altro sul turismo, risorsa utilizzata molto scarsamente, se solo si pensa che, secondo l’Unesco, più del 50 per cento del patrimonio storico-artistico mondiale è in Italia.
A questo punto, è forse affrettato dire che per l’Italia una compagnia di bandiera è un lusso, così come è assurdo che si lascino in una situazione disastrosa i trasporti in regioni, al sud, in cui è concentrata buona parte del suddetto patrimonio artistico, e in una situazione di grave insufficienza quelli del nord, il cuore produttivo del paese.
Una compagnia di bandiera è in grado di portare il made in Italy dove è necessario per l’interesse del paese, e non per le strategie di razionalizzazione di un vettore straniero, e di farsi portabandiera nel mondo dell’Italia come “patrimonio dell’umanità”, che non si può non visitare: è evidente, che ciò richiede una vera compagnia di bandiera, campione di eccellenza e non carrozzone mal gestito. In questo senso, anche Alitalia potrebbe diventare una vera infrastruttura, e non delle meno importanti.