L’affaire delle intercettazioni Telecom non dovrebbe poi così sorprendere in un paese in cui intercettazioni e schedature sembrano la passione nazionale, non solo della magistratura, ma anche dei governi, se si pensa alle disposizioni del governo Prodi sulla schedatura di chi si azzarda ad emettere assegni senza la clausola “non trasferibile”, tanto per fare un esempio.
Le reazioni potrebbero, perciò, essere di segno del tutto opposto. Una prima reazione, conseguente all’osservazione appena fatta, di infastidita indifferenza per l’ennesima questione di intercettazioni, magari con la sofferta rassegnazione di esserne coinvolto prima o poi, senza sapere il perché; una seconda reazione potrebbe invece essere di sorpresa e indignazione: perché mai la Telecom doveva intercettare qualcuno e che c’entra questo con la sicurezza, e la sicurezza di chi? Comunque sia, la gente normale ha una ragione in più per convincersi di vivere in un paese quanto meno strano. A livello mediatico, invece, il punto focale è: Tronchetti Provera poteva non sapere? E se sapeva, agiva per conto proprio o per conto di qualcun altro? Anche qui nulla di nuovo sotto il sole. Anche se qualcosa di non scontato c’è, a partire da quella che Da Rold definisce “la guerra privata” tra i due più grandi giornali italiani.
Può non sorprendere la posizione del Corriere della Sera, di cui Tronchetti è azionista di rilievo, ma che la Repubblica attacchi il Pd, e specificamente i DS, questo non è così ovvio. Come rilevato da più parti, De Benedetti si era a suo tempo vantato di essere la “tessera numero uno” del PD: quindi, o ha cambiato idea, o il suo giornale è un preclaro esempio di indipendenza dal proprio editore. Personalmente non credo sarebbero molti a sottoscrivere la seconda opzione. L’altra cosa che colpisce è che Repubblica, che passa per giustizialista e amica dei giudici, ora smentisca la magistratura che ha scagionato Tronchetti, sostenendo il solito refrain” non poteva non sapere”. Soprattutto, attraverso l’ intervista a Tavaroli, viene lanciato un feroce attacco a Fassino, accusato di tangenti, anche se i più informati sostengono che l’obiettivo reale sia D’ Alema.
A chi non è dentro le segrete cose, il tutto pare una specie di serial televisivo di seconda categoria, di quelli che vanno in onda, appunto, in estate. Eppure, visto che sono coinvolti i due maggiori quotidiani nazionali, forse la posta in gioco è veramente grossa e solo gli sviluppi futuri chiariranno la trama effettiva. Un’altra chiave di lettura potrebbe essere un regolamento di conti non politico, ma tra i cosiddetti “poteri forti”, in ciò che sembrerebbe l’ultima fase della guerra di successione a Gianni Agnelli, considerato, a sproposito secondo chi scrive, il monarca della nostra “grande” imprenditoria, del tutto a sproposito secondo chi scrive. Per un certo tempo, sembrò che il successore potesse essere proprio Tronchetti Provera, ma la debacle in Telecom ha vanificato questa ipotesi. Berlusconi non è mai stato in corsa, essendo considerato “esterno” o, più precisamente, un parvenu, e comunque ora gioca un’ altra partita, quella politica. Dei grandi industriali di un tempo è rimasto, pur azzoppato, solo De Benedetti, ultimamente distintosi peraltro soprattutto per proficue operazioni in Borsa, spesso a danno dei piccoli azionisti: ma in questo non ha fatto altro che seguire la prassi vigente nel nostro mondo finanziario.
L’impressione è che stia seguendo le orme dei grandi banchieri che negli ultimi tempi hanno cercato di usare il loro potere economico e mediatico per condizionare il mondo politico ed intrecciarsi ad esso. La caduta di Prodi e del suo comitato d’ affari (delle cui attenzioni Telecom è stata pesantemente oggetto), la sua sostituzione con Berlusconi e la sua cerchia di interessi, estranei o addirittura contrari ai passati ” poteri forti”, l’avvento alla testa di Confindustria di Emma Marcegaglia al posto di Montezemolo, cui si attribuiscono rinnovate velleità politiche, sono tutti elementi che potrebbero avvalorare l’ ipotesi di un De Benedetti che gioca in proprio nell’agone politico-economico, utilizzando la forza rilevante del Gruppo L’Espresso-Repubblica. Si giustificano quindi tutte le interpretazioni più maliziose, come quelle su un recentissimo articolo della Stampa che identificano Montezemolo come il nuovo Prodi, richiesto alla testa del PD dal quotidiano degli Agnelli. È anche da tener presente che si sta sfaldando il precario equilibrio che si reggeva sul groviglio di interessi, con relativo conflitto, al cui centro era proprio Montezemolo: capo della Fiat, e quindi della Stampa, presidente di Confindustria e quindi referente ultimo del Sole24Ore, e azionista di rilievo del Corsera. È probabile, infatti, che quanto prima si riapra lo scontro per il controllo di quest’ultimo, se non altro per mettere un freno alla situazione di stallo, per non dire di peggio, della RCS – Corriere della Sera. E visto lo sconquasso provocato dall’ultimo tentativo, per quanto risibile, in tal direzione, quello di Ricucci, possiamo essere sicuri che lo spettacolo continuerà. Noi uomini della strada dovremo stare ben attenti a non pagare un biglietto troppo salato.