I due candidati alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti si sono “confessati” presso il noto predicatore evangelico Rick Warren. Così appare da molti dei commenti all’evento, concentrati sull’ammissione da parte dei due di errori commessi nel passato: il fallimento del primo matrimonio per McCain e l’uso di droga e alcol per Obama. Queste due “confessioni” sottendono due aspetti, di cui il primo è il presentarsi sinceramente agli elettori, con i propri pregi e difetti, come tutti i comuni mortali. Questo dovrebbe piacere agli americani, più propensi a perdonare gli errori che non il fatto di averli nascosti. E qui vi è il secondo aspetto, cioè riconoscere il fatto prima che venisse usato come arma elettorale dall’antagonista, tanto più importante alla vigilia dello scontro finale.
È stato anche sottolineato il loro abbraccio, che ha sostituito la protocollare stretta di mano, e che ha fatto parlare di una stima reciproca tra i due, componenti impossibili di un ticket di sogno. In effetti, finora i toni accesi e i colpi bassi sono stati apparentemente più tra i candidati democratici, ma dopo le convention dei due partiti ci si può attendere una recrudescenza del confronto tra McCain e Obama. Tuttavia, è probabilmente passato il segnale che tra i due non vi è un fossato e, a meno di forti differenziazioni nelle prossime fasi di campagna, questo potrebbe portare ad una diminuzione di interesse per le elezioni, con un ritorno a livelli bassi di affluenza.
Sotto questo profilo, è interessante che il confronto sia avvenuto in un’importante chiesa evangelica e sia stato diretto da un predicatore evangelico i cui libri si vendono a decine di milioni di copie. Gli elettori della cosiddetta Bible Belt, gli stati dove le confessioni evangeliche sono molto diffuse, sono stati tra gli artefici della vittoria di Bush nel 2004 e il loro apporto ha anche aumentato l’affluenza al voto, la più elevata dalle elezioni del 1968, pur fermandosi a neppure il 57%. Si è trattato quindi, per entrambi i candidati, di un appuntamento fondamentale e, in certo senso, di un test dei loro atteggiamenti nei confronti della religione e di alcuni valori di fondo. Circa il primo punto, McCain, pur dichiarando la sua appartenenza alla Chiesa battista, ne aveva fatto finora un uso più “ laico”, diremmo noi, rispetto a Bush, mentre Obama deve ripetutamente difendersi dall’accusa di essere un “cripto islamico”. Apparentemente hanno entrambi superato bene il test, mentre Obama ha avuto qualche problema, a differenza del candidato repubblicano, sulle questioni aborto e gay: al di là delle proprie opinioni personali, su questi temi Obama deve essere molto cauto, dato l’atteggiamento favorevole della maggioranza del suo partito. Al contrario, molte Chiese, a partire da quella cattolica, rimangono nettamente contrarie ad aborto e matrimonio tra omosessuali. Si veda quanto scrive Alberto Simoni sui cattolici, possibili candidati democratici alla vicepresidenza, osteggiati dalla gerarchia per il loro appoggio all’aborto, come fu d’altro canto per Kerry contro Bush.
Un settore nel quale Obama sembra subire McCain è la politica estera ed è stato fatto notare come, paradossalmente, il democratico nella crisi georgiana sia più vicino alle posizioni di Bush di quanto lo sia il repubblicano. McCain ha infatti preso posizioni molto dure contro la Russia, allineate a quelle di Dick Cheney piuttosto che alla posizione più cauta, almeno inizialmente di Bush; questo, probabilmente, anche per restare in linea con il suo passato di combattente contro i comunisti, di cui fu prigioniero in Vietnam. A dire il vero, fin dall’inizio della sua candidatura McCain ha mostrato la volontà di distinguersi dalla politica di Bush, pur non attaccandolo direttamente. A mio parere, le differenze sono più sulle modalità di conduzione della politica estera, piuttosto che sui contenuti, e McCain vuole soprattutto prendere le distanze da una serie di innegabili errori di valutazione e di conduzione delle azioni intraprese da parte dell’attuale amministrazione.
Come Hillary Clinton, che votò a suo tempo per la guerra a Saddam Hussein, e Bill Clinton, che continuò a difendere con aerei e cannoni il nord curdo e il sud sciita contro lo stesso Hussein, McCain non è un pacifista all’europea e nel suo programma, come in quello della Clinton, è ben chiaro il ruolo di guida nel consesso mondiale che attribuisce agli Stati Uniti, anche con l’uso delle armi dove necessario. Tuttavia, pensa che questo ruolo debba essere condiviso anche dagli altri e non apparire solo una difesa dei propri interessi, ritenuti comunque essenziali, ma da proporre e non imporre nella luce di un interesse più generale.
Le posizioni di Obama sembrano per ora più sfumate, meno calate nel concreto dei problemi, ma ancora a livello dell’enunciazione di principi generali, e forse per questo piace tanto alla nostra sinistra.