Mi sono precipitato a leggere con eccitato interesse l’articolo di Lao Xi, attratto anche dal provocante titolo, “L’Italia impari la libertà dalla Cina”. È vero che non si finisce mai di imparare, ma ammetterete che imparare la libertà dalla Cina….

Ho quindi letto con molta attenzione quanto scrive Lao Xi e la mia eccitazione si è decisamente smorzata, perché nihil novi sub sole. Sì, niente di nuovo sotto il sole, almeno per chi come me si è sciroppato tutta la Guerra Fredda fin dall’inizio, con i comunisti che decantavano il paradiso sovietico, dove regnava l’ordine e la felicità; che non ha dovuto andare in Cina per vedere masse sventolanti il libretto rosso del Grande Timoniere, perché gli bastava girare per le strade di Milano; che, negli anni di piombo, ha sentito il PCI definire il terrorismo prima solo nero, poi parlare di “sedicenti brigate rosse”, per passare a “compagni che sbagliano”, per finire, dopo l’assassinio di Moro, a riconoscere che di terrorismo anche rosso si trattava.



Per chi ha vissuto questi periodi non è difficile riconoscere cosa descrive Lao Xi: è il vecchio centralismo democratico sottostante a tutte quelle vicende, per il quale si potevano, nel PCI, esprimere opinioni e suggerimenti, dopo di che i vertici decidevano quanto ritenevano opportuno, e i militanti ubbidivano indipendentemente dalle opinioni precedentemente espresse.



Senza dubbio è un sistema più efficiente del nostro quanto a rapidità e incisività delle decisioni, e per qualcuno questo può ripagare l’assenza di libertà di stampa e il fatto che i dirigenti non siano eletti dai cittadini. Correttamente, Lao Xi riconosce che non sono ammesse critiche, o per meglio dire, se le fai finisci in un laogai che, afferma Francesco Sisci in una recente intervista su ilsussidiario.net, sono ben altra cosa dai gulag sovietici. A leggere la testimonianza di Harry Wu, sembrerebbero posti così “piacevoli” da spegnere ogni desiderio di critica nella stragrande maggioranza della gente nomale. Ma questa, accanto alla cieca fedeltà ideologica è la premessa fondamentale del centralismo democratico.



Non credo che la proposta possa avere molto successo da noi, visto che pure il vecchio PCI lo ha abbandonato e si è trasformato in un rissoso coacervo di correnti che neppure la DC degli ultimi sciagurati tempi. A questo punto sono stato preso però da un dubbio atroce: vuoi vedere che invece Lao Xi ha ragione, che il vecchio centralismo democratico vive e lotta con noi, sia pure da un’altra parte?

Anche Berlusconi ascolta tutti e poi fa quello che vuole, e questa è senz’altro una caratteristica di un leader decisionista come è il nostro Primo Ministro, come lo erano personaggi, per esempio, come Fanfani o Craxi. Costoro, tuttavia, avevano un deterrente in un sistema elettorale che, con le preferenze, non assicurava loro il dominio del partito in cui, anzi, vi era una dialettica a volte persino eccessiva.

Il PSI guadagnava successi elettorali soprattutto grazie alla personalità di Craxi, che però non riusciva poi a imporre il centralismo democratico a un partito riottoso. Questo è invece consentito, a un leader forte, dall’attuale sistema elettorale basato su liste bloccate scelte dalla dirigenza. Appunto in modo simile a quanto accadeva nel vecchio PCI, dove l’ordine di presentazione del partito finiva per essere anche quello delle preferenze degli elettori.

Chi nel centrodestra è in favore di un ritorno alle preferenze farebbe bene a darsi da fare urgentemente, mentre Berlusconi, probabilmente favorevole a un sistema presidenziale, dovrebbe avere il coraggio di proporre una riforma costituzionale in tal senso. Rimanere nell’attuale situazione di un artigianale centralismo democratico (che, come il democristiano “manuale Cencelli”, è roba da professionisti, non da dilettanti) combinato con tentazioni bonapartiste non porta nulla di buono.

Comunque, Lao Xi sembrerebbe dare una sufficienza sul piano interno e una sonora bocciatura a Silvio su quello internazionale, anche se pare strano che la ragione sia l’adesione italiana al South Stream. Ho perciò ripreso i precedenti articoli in proposito, dove l’argomento principale è che così l’Europa sarebbe in mano alla Russia per i rifornimenti energetici. Argomento tipico di chi appoggia il progetto alternativo Nabucco, che porterebbe in Europa gas non russo, ma che sembra avere possibilità e tempi di realizzazione molto più incerti e lunghi, mentre l’urgenza energetica è già ora.

 

In realtà, nell’ultimo suo articolo, Lao Xi abbandona il piano economico per motivazioni più squisitamente politiche, sostenendo che il gasdotto porterà ad una crisi nei rapporti con gli Stati Uniti, che sono in favore di Nabucco. Eppure, proprio Obama ha abbandonato lo scudo missilistico in Polonia e Repubblica Ceca, senza contropartita russa e lasciando questi Stati in una situazione difficile, in una evidente politica di appeasement nei confronti del Cremlino. Quindi, occorrerebbe semmai spingere Berlusconi perché chieda esplicitamente ai russi di non utilizzare il petrolio come arma di ricatto nei confronti dei Paesi ex satelliti.

 

Negli ultimi anni, Usa e Cina hanno dato luogo al cosiddetto G2, dove i due Paesi simul stabunt, simul cadent, e dove la Russia era marginalizzata. Ora Putin e Medvedev stanno riportando sulla scena internazionale la Russia come un protagonista di cui tener conto, particolarmente in Iran e Medio Oriente come scrive Adrian Pabst su questo sito, e ciò sembra dar fastidio a Pechino.

 

Vi è però anche una possibile ragione più strettamente economica, sempre leggendo l’articolo di Pabst, e cioè l’interesse cinese per il petrolio russo. La Cina, ad onta della conversione “verde” descritta da Mauro Bottarelli, continuerà ad avere sempre più bisogno di petrolio e gas naturale, che sta silenziosamente, ma freneticamente cercando ovunque, dal Venezuela di Chavez al Sudan fondamentalista, aiutata dal suo concetto di “libertà”, che non le impone neppure quelle parvenze di rispetto dei diritti umani che gli occidentali devono comunque manifestare.

 

Ora, il South Stream rischia di portare ad ovest idrocarburi che invece potrebbero andare ad est, rafforzando al contempo i rapporti tra Europa e Russia. Per scongiurare questo, nel suo precedente articolo, Lao Xi tira in ballo perfino il Vaticano, affermando che così si rafforza la Chiesa ortodossa nei confronti di quella cattolica!

 

Pabst cita un accordo per la fornitura di 7 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto tra Cina e Qatar; in questi giorni è stato inaugurato al largo della costa veneta un rigassificatore Edison della capacità di 8 miliardi di metri cubi di metano, in cui è socio al 45% Qatar Terminal Limited. Vuoi vedere che è solo una questione di scontri e alleanze nel complesso e combattuto mondo degli approvvigionamenti energetici?

 

Ma se è così, giusto che il cinese tifi per la Cina, ma non può meravigliarsi che Berlusconi cerchi di fare gli interessi dell’Italia, e non è scontato che essi coincidano con quelli cinesi.