L’aggressione a Silvio Berlusconi può essere letta su diversi piani, o per cerchi concentrici. Un primo livello è quello del fatto come accaduto: l’atto inconsulto di uno squilibrato. Potrebbe essere un fatto di cronaca come se ne leggono purtroppo spesso: folle spinge sotto il treno in arrivo una persona in attesa accanto a lui. Di solito, il termine usato per descrivere questi fatti è ”raptus”, gesto improvviso che può essere spiegato solo da alterate condizioni psichiche.
I primi commenti, però, sembrerebbero scartare questa ipotesi per la dinamica dell’aggressione, che farebbe piuttosto pensare a qualcosa di intenzionale. Qui si innesta un secondo livello, o cerchio, cioè l’eventuale motivazione politica. Accertata la labilità psichica dell’aggressore, la motivazione politica non può che derivare dalle connotazioni eccessivamente accese dell’attuale dibattito politico che, pur inquinando entrambe le parti, ha assunto toni particolarmente violenti nei confronti dell’attuale premier. Non si possono, infatti, dimenticare le recenti polemiche attorno ad un sito su Facebook intitolato “Uccidiamo Berlusconi” e le preoccupazioni, per la verità irrise dalla sinistra, che qualche pazzo potesse prendere sul serio l’invito.
È evidentemente irragionevole pensare che vi sia un “mandante” politico, ma non è irragionevole ritenere che l’atmosfera descritta abbia influenzato anche in questo caso l’aggressore, come è avvenuto in precedenti attentati a uomini politici, da Togliatti a Rabin, tanto per citarne due famosi, nei quali si intravedono, dietro il gesto di un folle, evidenti posizioni politiche anche se del tutto mal comprese. Anche l’attentatore di Giovani Paolo II è stato qualificato come folle, ma è difficile ritenere ininfluente la sua appartenenza all’organizzazione estremistica turca dei Lupi Grigi.
Massimo Tartaglia non risulta iscritto a nessun partito, ma il padre ha dichiarato che nella sua famiglia sono tutti elettori del PD, il che non significa assolutamente nulla per delle persone normali. Ma Massimo Tartaglia non lo è, dato che sembra essere in cura per disturbi mentali da una decina d’anni ed è difficile capire come può avere interpretato discorsi per altri di normale dialettica politica. Forse, al di là delle apparenze, si è trattato di un vero e proprio raptus. I giornali che leggeva, i discorsi che sentiva fare, anche in famiglia, lo avevano portato a considerare Berlusconi un nemico da abbattere, politicamente certo, ma da abbattere. Vedere, lì nella piazza, “l’Uomo Nero” attorniato da gente festante e applaudente gli deve essere sembrata un’enorme ingiustizia ed è scattata la voglia di contrastare questa ingiustizia, scagliando in faccia al “nemico” il primo oggetto che gli è capitato in mano. Improvvisamente, senza tener conto delle conseguenze, né per la vittima, né per sé, e infatti non ha neppure cercato di scappare. Un raptus, appunto.
Ed ecco il cerchio successivo. Proviamo ad immaginare se invece di Berlusconi il colpito fosse stato, mettiamo Bersani, e l’aggressore un elettore del PDL, o della Lega. Sono sicuro che ci sarebbero state speculari espressioni di solidarietà da parte del centrodestra, ma non sono affatto sicuro che il centrosinistra avrebbe confinato il tutto al gesto di uno squilibrato. Si sarebbe detto che l’aggressore era sì uno squilibrato, ma che i toni eccessivi del premier o le smargiassate di qualche capo leghista ne avevano indirettamente armato la mano.
Allora, è forse inutile scandalizzarsi per l’uscita di Di Pietro, che ancora una volta ha anticipato gli altri ed è andato all’incasso elettorale che deriverà dalla vicenda, nella sua maniera rozza e spregiudicata, ma a suo modo schietta. Già, perché dalla vicenda che rimane grave, ma per fortuna con conseguenze che paiono limitate per la salute e l’efficienza del primo ministro, deriveranno vantaggi elettorali probabilmente per il PDL e, a questo punto, per l’IDV, entrambi a scapito del PD.
Vorrei sbagliarmi, ma credo che, passato il momento delle corrette reazioni a caldo, Di Pietro non rimarrà solo, ed infatti già la Bindi ne sta seguendo le orme. Qualcun altro nel centro sinistra dirà che Berlusconi, a ben vedere, se l’è cercata, anzi che se l’è perfino meritata, e nella sinistra alternativa o tra i centri sociali Massimo Tartaglia diventerà il “vendicatore degli oppressi dalla dittatura del fascista Berlusconi”. Di più, non è escluso neppure che venga fuori la ipotesi dell’incidente creato dallo stesso Berlusconi per aumentare la propria popolarità, magari tra chi sostiene una tesi simile per Bush e l’attentato alle Torri Gemelle.
Questo grave incidente dovrebbe spingere politici e giornalisti di entrambi i fronti a ritornare ad un dibattito civile, ma purtroppo vi è il pericolo reale che porti invece a una ulteriore radicalizzazione della già grave situazione. Almeno Di Pietro è su questo che conta.