Le cosiddette Pmi, le piccole e medie imprese, sono spesso considerate una peculiarità del sistema economico italiano, di cui sono senza dubbio una parte essenziale, “l’ossatura del sistema”.
“Le piccole imprese sono la spina dorsale della nostra economia e stanno creando i due terzi di tutti i nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti”. Sì, negli Stati Uniti, perché questa frase non è di un rappresentante delle nostre Pmi, ma di Lisa Rickard, Executive Vice President della Camera di Commercio degli Stati Uniti e Presidente dell’Institute for Legal Reform (ILR), organismo della Camera di Commercio, che promuove la riforma della giustizia civile attraverso una serie di iniziative sia nazionali che locali.
Negli Stati Uniti vengono considerate “small businesses” le imprese con meno di 500 addetti, che rappresentano più del 99% delle imprese e impiegano circa il 50% dei lavoratori americani. Sempre secondo i dati del censimento del 2007, le imprese fino a 10 addetti, quasi l’80% del totale, impiegano poco più dell’11% dei lavoratori Usa.
Certo, in Italia le imprese fino a 10 addetti coprono quasi il 95% del totale, con più del 47% dei lavoratori, tuttavia le Pmi rappresentano un fattore non trascurabile anche per un Paese che si pensa sia dominato quasi esclusivamente dalle grandi corporation, cosa peraltro vera a livello politico.
Sotto questo profilo, è particolarmente interessante una ricerca commissionata appunto dall’IRL sull’atteggiamento delle small businesses nei confronti della politica e del governo. Il sondaggio è stato effettuato su 1000 proprietari, soci o manager di imprese private, di cui il 96% con meno di 100 addetti e il 58% con meno di cinque. Le interviste sono state condotte lo scorso agosto, telefonicamente o via internet, da due istituti di ricerca, uno legato al Partito Repubblicano e l’altro a quello Democratico: un sondaggio bipartisan, insomma.
Un primo dato rilevante è il pessimismo che regna tra queste imprese: il 41% ritiene che nel prossimo anno l’economia non migliorerà e il 37% che peggiorerà. Inoltre, il 32% crede che la propria impresa non riuscirà a sopravvivere, contro un 22% che si dichiara molto fiducioso nel futuro della propria azienda.
Anche gli atteggiamenti nei confronti della politica sono all’insegna del pessimismo. Il 69% degli intervistati dichiara di ritenere dannose per la propria azienda le iniziative di Washington; tra i Repubblicani solo l’1% è disposto ad ammettere qualche utilità a ciò che viene dalla capitale, mentre tra i Democratici la percentuale sale al 23%, ma anche tra questi il 75% esprime un giudizio negativo.
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Il 65% degli intervistati pensa che il governo si occupi di troppe cose che sarebbe meglio lasciar risolvere dalle persone e dalle imprese. Inoltre, il 71% ritiene che a Washington vengano tenute in poco o nessun conto le proposte provenienti dal loro mondo, che, per il 97% degli intervistati, dovrebbero invece essere prese in attenta considerazione.
È interessante il confronto con i risultati di un sondaggio effettuato per NBC/Wall Street Journal, sempre lo scorso agosto, su un campione di elettori adulti. Questi ultimi sembrano essere più ottimisti: solo il 26% ritiene che l’economia peggiorerà nel prossimo anno (contro il 37 delle Pmi), e se il 47% concorda con le Pmi (65%) sull’opportunità di un minor intervento del governo, un altro 47% auspica invece un maggior intervento governativo.
Gli elettori in generale sembrano meno interessati alle prossime elezioni di novembre, 70% contro il 75% delle small businesses, che sono anche più favorevoli a cambiare il proprio rappresentante al Congresso. Anzi, se ci fosse la possibilità, il 56% dei proprietari di Pmi sostituirebbe l’intero Congresso, contro il 48% degli intervistati nell’altra inchiesta.
Il sondaggio, infine, dedica una parte importante a un problema rilevante per gli Stati Uniti, e non solo per le piccole e medie imprese: la litigiosità giudiziaria. Tanto per cominciare, il 62% degli intervistati si dichiara insoddisfatto di come funziona la giustizia civile e la ragione principale sembrerebbe proprio la massa di cause, spesso artificiosamente montate dagli avvocati, e che si ritengono in forte crescita.
Il 35% degli intervistati dichiara di aver avuto problemi con cause contro la propria azienda e si vede nel loro aumento una consistente minaccia per la solidità delle imprese. Soprattutto col perdurare della crisi, i costi monetari, di tempo e in termini di reputazione potrebbero diventare insostenibili, anche perché sono non prevedibili e pianificabili, a differenza di altre voci di spesa, quali i costi dell’assistenza sanitaria.
Sarebbe interessante condurre un’indagine simile anche presso le nostre Pmi: ho l’impressione che i risultati non sarebbero molto dissimili, salvo il sostituire la questione delle cause legali con le lentezze e le farraginosità della nostra pubblica amministrazione.