Caro direttore,

il j’accuse di Gianni Gambarotta sulla ristrutturazione della Stazione Centrale a Milano, del tutto condivisibile, spinge a qualche ulteriore riflessione sulla città.

Gambarotta ha pienamente ragione: se ci si mette nell’ottica di chi deve prendere il treno, la ristrutturazione sembra essere stata fatta da un sadico con qualche rotella fuori posto. Tuttavia, se la si considera nella prospettiva “Autogrill”, il pazzo sadico si trasforma in un bravo architetto di interni commerciali, con una notevole capacità nelle tecniche di vendita.

Che i Benetton, proprietari di Autogrill, abbiano seguito questa linea, a quanto pare pure redditizia, non sorprende: non solo è il loro mestiere, ma è anche la ragion d’essere di questa parte del Gruppo, quella che si occupa di servizi a chi si muove, in macchina, in treno o in aereo. Ma Benetton e gli altri soci privati hanno solo il 40% di Grandi Stazioni, e allora ciò che sorprende è l’atteggiamento di Ferrovie dello Stato, che ha il 60% della società.

È veramente difficile pensare che nella mission (usiamo la parola magica) di Ferrovie dello Stato ci siano i supermercati, non i treni e i viaggiatori. Se per Benetton e soci, stazioni e aeroporti possono anche essere pensati come dei grandi mall all’americana, chi ha come compito istituzionale di far viaggiare le persone (e le merci) dovrebbe ragionare in ben altro modo.

Forse il problema sta nel fatto che i dirigenti di FS non usano il treno; almeno questa è l’impressione che ricavo ogni volta che sento parlare l’Ing. Moretti, che descrive treni e condizioni di viaggio che i viaggiatori normali ben raramente ritrovano. Ed è forse per questo che il socio pubblico di maggioranza si è guardato bene dall’intervenire e ha approvato tutto. Sicuro che, magari imprecando, chi deve partire con il treno si assoggetterà comunque alla bolgia dei tapis roulant.

Mi pare, però, che un altro soggetto nella storia  si sia contraddistinto per la sua assenza, e cioè il Comune di Milano, che dovrebbe essere anch’esso interessato a una stazione funzionale alle esigenze di cittadini e viaggiatori. Invece, non si è riusciti neppure a integrare in modo conveniente la parte di competenza di Grandi Stazioni con quella dipendente dalla Metropolitana Milanese.

Il risultato assurdo è che la vecchia, imponente, irrazionale Stazione Centrale rispondeva meglio alle esigenze dei viaggiatori che non il rutilante bazar in cui è stata trasformata.

Non è questo però l’unico smacco per Milano. Qualche tempo fa sono rimasto coinvolto, con moltissimi altri milanesi, in un black-out dei mezzi pubblici, grazie a manifestazioni studentesche che hanno bloccato a lungo il centro della città. Di conseguenza, sono stati deviati tutti i mezzi pubblici che passavano per il centro e si sono chiuse le stazioni della metropolitana attorno a Piazza del Duomo per ragioni di sicurezza. Inevitabile.

Ciò che si poteva invece evitare è l’assoluta mancanza di informazioni che si è verificata, tranne in alcuni punti in cui personale dell’ATM forniva spiegazioni. Ora, chi conosce Milano sa che quasi tutte le fermate dei mezzi pubblici sono dotate di pannelli luminosi che dovrebbero fornire informazioni su ritardi e incidenti.

Bene, nel mio lungo peregrinare alla ricerca di qualche mezzo che mi portasse alla meta, ho visto pannelli che non davano più alcuna informazione, altri che riportavano i normali tempi di passaggio di mezzi inesistenti perché deviati, altri che davano notizie di varia attualità. Ma nessuno, dico nessuno, che avvisasse le piccole folle di passeggeri raccolte alle fermate di quanto stava succedendo.

È anche possibile che io sia stato particolarmente sfortunato, ma non credo. Anche perché l’attendibilità di quei pannelli non supera normalmente quella attribuita alle previsioni degli economisti, capirai, in momenti di crisi. Sarebbe però interessante sapere quanto sono costati alla comunità.

Come Gambarotta, anch’io non credo che il privato sia sempre e comunque meglio del pubblico, ma in queste due storie i privati, che si tratti dei Benetton o dei manifestanti, hanno raggiunto i loro obiettivi, mentre gli enti pubblici hanno mancato i loro, almeno quelli istituzionali.

Chi comunque ci ha rimesso, e continuerà a rimetterci, sono proprio coloro per i quali Ferrovie dello Stato, Metropolitana Milanese, ATM sono stati costituiti (e dai cui sono pagati): i cittadini in generale e gli utenti dei “servizi” in particolare.