È di qualche giorno fa l’allarme lanciato dal Secret Service responsabile della protezione del presidente Obama: come John Kennedy, Barack Obama ama immergersi nella folla e questo mette a repentaglio la sua sicurezza, rendendo molto difficile il lavoro di chi deve proteggerlo. immergersi nella folla Nella storia degli Stati Uniti già quattro presidenti sono stati uccisi e che questo possa accadere di nuovo è l’incubo di ogni appartenente ai servizi di sicurezza.
Obama ha fatto del rapporto diretto con il pubblico un punto di forza della sua immagine, e questo aumenta senza dubbio i rischi, anche se non è pensabile che il leader di un Paese democratico viva chiuso in una fortezza come un dittatore, al riparo del popolo che opprime. È un rischio che deve correre chi assurge ad alte cariche e, se si vuole, un paradosso della democrazia: dover temere dal popolo che ci ha eletto. Gli Stati Uniti non hanno di certo l’esclusiva dei presidenti assassinati e molti altri sono i tragici esempi, per mano di singoli esaltati o di gruppi organizzati, e a volta di entrambi. Sembra essere questo il caso, per esempio, dell’attentato a Giovanni Paolo II.
Spesso questi attentati sono l’esito di un clima politico esacerbato, si pensi alla recente aggressione a Berlusconi, oppure a fattori ideologici o razziali, che sembrano essere determinanti nel caso di Obama, primo presidente americano di colore, come Kennedy fu il primo cattolico a entrare alla Casa Bianca. Entrambi, quindi, elementi di rottura di schemi radicati nel Paese e quindi con il rischio di essere radicalmente rifiutati da una parte di esso.
Non è perciò casuale che i servizi segreti siano più preoccupati da possibili attentatori interni che da terroristi internazionali, come Al Qaeda. Anche se le falle nella sicurezza sembrino portare a non escludere a priori nessuna delle due ipotesi, come dimostrano eventi recenti: da un lato, il nigeriano affiliato a Al Qaeda accusato di un tentato atto di terrorismo su un aereo diretto a Detroit, sfuggito ai controlli nonostante le segnalazioni ai servizi segreti, e dall’altro l’intrusione della coppia della Virginia a una cena riservata del presidente, senza che gli addetti alla sicurezza lo impedissero. Per fortuna , nel primo caso il presunto attentatore è stato fermato in tempo, mentre nel secondo si trattava solo di persone in cerca di notorietà. Ma i due casi continuano a far discutere.
Sulla base di diversi indizi, l’attenzione degli esperti si sta concentrando sugli ambienti della estrema destra bianca, che viene ritenuta una minaccia reale per Obama, proprio a causa del colore della sua pelle. Malgrado gli indubbi passi avanti fatti, il razzismo rimane tuttora un problema per gli Stati Uniti, e non prende di mira solo i neri (si veda, per esempio, un recente editoriale di Lorenzo Albacete apparso su ilsussidiario). Vi sono molte organizzazioni, soprattutto negli stati rurali dell’America profonda, che non riescono ad accettare un nero come presidente, né probabilmente accetterebbero un ispanico o un asiatico. Molte di queste organizzazioni sono violente solo a parole, ma il clima che creano è tale da poter armare la mano del fanatico, o del pazzo, di turno.
Dopo l’allarme lanciato per Obama, le cronache riportano alla luce casi di sparatorie nelle scuole, nelle università, in edifici pubblici con una frequenza decisamente superiore a quanto riscontrabile in altri Paesi occidentali, frutto anche di una mentalità molto più permissiva verso il possesso privato di armi. Si calcola, infatti, che vi siano in circolazione negli Stati Uniti circa 200 milioni di armi legalmente possedute e che ogni anno circa 30000 persone muoiano per arma da fuoco.
Si stanno quindi rivisitando i vari attentati che costellano la storia degli Stati Uniti, dai presidenti citati agli attivisti per i diritti civili. Uno particolarmente efferato è tornato alla memoria: l’attentato di Oklahoma City del 1995, il più grave attentato sul territorio USA prima del 9 settembre 2001. Nell’aprile di quell’anno, Timothy McVeigh con alcuni complici fece saltare in aria un edificio pubblico, il Murrah Federal Building, causando 168 morti e 680 feriti. Tra vario materiale antigovernativo nell’auto di McVeigh fu trovato un adesivo con una frase di Samuel Adams, uno dei padri fondatori della nazione: “Quando il governo teme il popolo, c’è la libertà. Quando il popolo teme il governo, c’è la tirannia.”
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Se molti americani hanno visto nell’elezione di Obama una conferma dei valori su cui è fondata la nazione, per altri americani un nero alla Casa Bianca rappresenta la violazione di quegli stessi valori, una macchia da eliminare per la purezza e la salvezza della nazione e delle sua libertà. La maggioranza di costoro si limita a proteste verbali e manifestazioni e spera di risolvere il problema con le prossime elezioni ma, come già detto, non si può sottovalutare il rischio di una scelta violenta da parte di qualche singolo, più o meno in buono stato mentale.
Fa un certo effetto apprendere ora che Obama fu messo sotto protezione dell’US Secret Service già dal maggio del 2007, molto tempo prima di qualsiasi altro candidato alla presidenza, e questo proprio perché nero. Sono quindi comprensibili le preoccupazioni dei servizi di sicurezza, perché come ha affermato un esperto del settore, “ Basta che ne passi uno”, come dimostrano i numerosi tragici precedenti.
Si stanno quindi rivisitando i vari attentati che costellano la storia degli Stati Uniti, dai presidenti citati agli attivisti per i diritti civili. Uno particolarmente efferato è tornato alla memoria: l’attentato di Oklahoma City del 1995, il più grave attentato sul territorio USA prima del 9 settembre 2001. Nell’aprile di quell’anno, Timothy McVeigh con alcuni complici fece saltare in aria un edificio pubblico, il Murrah Federal Building, causando 168 morti e 680 feriti. Tra vario materiale antigovernativo nell’auto di McVeigh fu trovato un adesivo con una frase di Samuel Adams, uno dei padri fondatori della nazione: “Quando il governo teme il popolo, c’è la libertà. Quando il popolo teme il governo, c’è la tirannia.”
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Fa un certo effetto apprendere ora che Obama fu messo sotto protezione dell’US Secret Service già dal maggio del 2007, molto tempo prima di qualsiasi altro candidato alla presidenza, e questo proprio perché nero. Sono quindi comprensibili le preoccupazioni dei servizi di sicurezza, perché come ha affermato un esperto del settore, “ Basta che ne passi uno”, come dimostrano i numerosi tragici precedenti.