Dopo la tragica morte di due nostri soldati e il ferimento di altri due, è ritornata alla ribalta la domanda “con questi costi, vale la pena di restare in Afganistan?”. Le ragioni perché l’Italia e gli altri Paesi alleati rimangano in Afganistan sono già state delineate negli interventi di Micalessin e Capuozzo su ilsussidiario.net. Ma cosa ne pensano gli italiani?

Alcune risposte vengono dai sondaggi effettuati dall’istituto Ferrari Nasi & Associati per conto della rivista Analisi Politica (www.analisiPolitica.it) sull’atteggiamento degli italiani nei confronti della missione in Afganistan. Le interviste sono state condotte nel 2006, 2007, 2008 e nell’aprile 2010, prima dei tragici fatti di questi giorni.

Con una prima domanda veniva chiesto agli intervistati se fossero o meno d’accordo con la permanenza delle nostre truppe, in accordo con gli alleati, fino alla stabilizzazione della situazione. I risultati indicano che l’elevata percentuale di accordo nel primo sondaggio del 2006 (69,4%) è andata progressivamente diminuendo fino al 51,6% dell’ultimo sondaggio, diminuendo soprattutto la quota di quelli che si dichiarano molto d’accordo.

Risultati decisamente più negativi ottiene la seconda domanda sull’accordo a un ulteriore impegno in soldati e mezzi: se nel 2006 la maggioranza (55,2%) era in favore, pur con una discreta percentuale di indecisi (11,1), nel 2010 solo il 39,7% si dichiara d’accordo con un maggiore impegno, mentre il 57,8% si dichiara contrario, e il 29,7% è decisamente contrario (solo il 17,2% nel 2006).

Secondo questo sondaggio è quindi evidente l’aumento della disaffezione nei confronti della missione, ma è un dato che non deve sorprendere, secondo Arnaldo Ferrari Nasi: “Il dato non può stupire. La guerra dura già da otto anni, la forza emotiva degli eventi che hanno contribuito a scatenarla è quindi sempre più debole. Inoltre le operazioni di stabilizzazione hanno incontrato difficoltà proprio negli ultimi anni, vi è stata una sensibile recrudescenza nei fatti bellici e sembra che i Talebani abbiano acquisito nuova energia. Proprio quando la pubblica opinione si attendeva una conclusione, o almeno l’inizio di una conclusione, della vicenda, si è capito che i militari occidentali stavano incontrando nuove difficoltà e addirittura avevano perso o stavano perdendo il controllo su territori dati ormai per acquisiti”.

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Tra le varie segmentazioni offerte nella ricerca, particolarmente interessanti sono quelle relative alle preferenze politiche. Ancora Ferrari Nasi sul calo dei consensi: “Il fenomeno è assolutamente visibile tra chi si dichiara dell’area ex Forza Italia. Nel 2006 la quota di accordo del partito arrivava al 91%, quasi la totalità, oggi siamo al 46%. Questo non capita per gli altri partiti di area centrodestra: il dato cala proporzionalmente come in tutto il campione. Quattro anni fa in An, Lega e Udc i consensi erano sensibilmente più alti della media del sondaggio; ancora oggi è così, pur essendosi abbassata la media stessa.

All’incirca lo stesso capita nel centrosinistra. Anche se il panorama partitico è cambiato, si può rilevare che nell’area a sinistra del Pd i consensi erano e sono inferiori (anche se non di molto) al totale campione. Ds e Margherita erano in media col dato nazionale, così come lo sono oggi i rispettivi “ex”.”

 

Francamente, si tratta di dati un po’ sorprendenti, perché non è immediatamente ovvio che, sulla permanenza dei nostri soldati in Afganistan, chi si dichiara aderente o vicino alla sinistra radicale non si discosti di molto da chi dichiara di votare Forza Italia. Le risposte, d’altro canto, oltre che mettere sui due estremi Idv, contraria per il 79,3%, e la Lega Nord, favorevole con il 59,5%, segnalano notevoli divisioni all’interno dei due maggiori partiti.

 

Nel Pd, infatti, la componente Margherita indica un 53,6% di favorevoli alla permanenza, mentre gli ex Ds sono per il 56,7% contrari; nel Pdl, di fronte alla tiepidezza degli ex Forza Italia (solo il 46,2% in favore, con il 45,7 contrari e l’8,2 di non so), vi è la maggiore certezza degli ex An, favorevoli per il 64,3% e con meno dell’1% di indecisi. Trasversale a tutti i partiti è invece il rifiuto a un maggior impegno, con la sola eccezione della Lega favorevole per il 59,5%, con l’Idv ancora una volta all’altro estremo (79,3% di rifiuto).

 

Questi dati farebbero pensare che gli intervistati non abbiano chiari fino in fondo i motivi e gli obiettivi della missione Onu/Nato in Afganistan, e quindi le ragioni e gli scopi della nostra presenza in quel Paese. E la conclusione potrebbe essere, perciò, che la maggioranza ancora in favore al permanere delle nostre truppe sia dovuta, più che alla condivisione degli obiettivi della missione, a una specie di mantenimento della “parola data”, fino a che i costi di tale fedeltà non saranno considerati troppo alti.