Nei numerosi dibattiti sui risultati delle recenti elezioni siciliane si è avuta l’impressione che vi fosse un “convitato di pietra”: la mafia. Quando il PDL, come prima la DC, vinceva le elezioni nell’isola, da sinistra partiva immancabilmente l’accusa di aver vinto con i voti dei  mafiosi. Ora, Bersani proclama che il PD è il vincitore delle elezioni, ma la mafia, manco a dirlo, questa volta non c’entra. E’ interessante l’osservazione di un noto politologo di sinistra che la mafia non sceglie partiti, sceglie uomini come suoi rappresentanti. E’ vero. La mafia è uno Stato e non sceglie i partiti di un altro Stato, al più li utilizza, ma è difficile pensare che abbia rinunciato ad avere propri referenti nell’Assemblea Regionale siciliana. Non si dimentichi che la Sicilia, oltre che terra propria della mafia, è una Regione autonoma, con disponibilità di spesa maggiore delle Regioni ordinarie.

Sembra anche logico che la mafia, data la sua profonda e secolare conoscenza della società siciliana, radicata com’è sul territorio, sia in grado di fare previsioni sui risultati delle elezioni più affidabili di quelle degli istituti demoscopici. Anche perché può, poco o tanto, influenzarle e, d’altro canto, non inserisce di certo i suoi uomini in liste nelle quali non è ragionevolmente sicura di farli eleggere. Proviamo a leggere i risultati delle elezioni in Sicilia con questo “convitato” al fianco, facendo solo delle ipotesi ovviamente, perché la mafia manda solo segnali, o bombe, non rilascia dichiarazioni o dati. E partiamo dal risultato più vistoso: le astensioni al 53%. La maggior parte delle analisi lo interpreta come un pesante segnale di disaffezione per i partiti esistenti e per la politica in generale, mentre assegna all’altro fatto sorprendente, il risultato di Grillo, il ruolo di rappresentante di chi protesta e non si limita alla disaffezione.

Analisi del tutto condivisibile, ma la mafia? Una prima ipotesi è che anche i mafiosi non siano andati a votare, ma per loro mi pare difficile pensare a disaffezione o protesta. Potrebbe significare che perfino la mafia ritiene ormai inutili i partiti, ma sembra un po’ meno credibile che ritenga inutile anche ogni influenza sull’Assemblea e la Giunta regionali. A meno che la mafia sia ora così ben piazzata all’interno di ogni partito e nelle istituzioni da non aver bisogno di partecipare alle elezioni, che per lei sarebbero comunque vinte. L’altra ipotesi è che non abbia partecipato al voto proprio chi non ha nulla a che fare con la mafia, in questo caso occorre allora esaminare i risultati del voto. Il presidente della Regione sarà Rosario Crocetta, già sindaco antimafia di Gela e ora vicepresidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata del Parlamento europeo, cui è stato eletto nelle liste PD. Uno, cioè, che con la mafia non ha niente a che fare, anzi l’ha sempre combattuta.

Dobbiamo quindi concludere che la mafia è stata sconfitta in queste elezioni? Forse meglio essere cauti. Se valgono gli schemi finora applicati agli altri dalla sinistra, il PD, e l’UDC, farebbero bene a rivedere attentamente i curricula e le frequentazioni dei loro eletti. Lo stesso Crocetta ha dichiarato che dovrà governare con maggioranze “a geometria variabili”, con i provvedimenti che verranno approvati di volta in volta da chi ci sta. Posizione che pare francamente molto vulnerabile, anche se il nuovo presidente dichiara che, nel caso di nuove elezioni, verrebbe rieletto con il 60 % dei voti dei siciliani (ora è stato eletto da circa il 15% degli aventi diritto). Prima di riandare alle elezioni, però, Crocetta ha un’altra carta di riserva, i grillini che, dice, non potranno rifiutare alleanze per sempre. Pur partecipando  alle elezioni per la prima volta che e pur essendo capeggiata da un non siciliano, il Movimento 5 Stelle è stato il partito più votato e porterà nell’Assemblea 15 eletti, “15 ragazzi impegnati sul territorio”, li ha definiti in televisione un ragazzo del Movimento.

C’è da sperare che Grillo  quei “ragazzi” li abbia scelti con grande cura e oculatezza, mica per altro, ma perché sul territorio c’è anche, e molto attiva, proprio la mafia. Non si tratta di pensar male, ma quella contro la mafia è una guerra e in ogni guerra vi sono spie o infiltrati in entrambe le parti. Per vincerla, non basta proclamare che la “rivoluzione è già iniziata”: come sempre in Sicilia, occorre difendersi anche dal Gattopardo, oltre che dal “convitato di pietra”.