La lotta all’evasione è da sempre uno slogan dei nostri governi, ma l’attuale Presidente del Consiglio sembra averla trasformata in una guerra personale, che talvolta lo porta sopra le righe. Come quando definì l’evasione l’ostacolo agli investimenti dall’estero, come se non fossero ben altri i motivi per cui gli stranieri si guardano dall’investire in Italia. A partire da una legislazione fiscale più volte finita sotto il tiro della Corte dei Conti e, paradossalmente, criticata perfino da Attilio Befera, capo dell’Agenzia delle Entrate e braccio armato di Monti in questa sua guerra.

Il termine guerra è peraltro giusto, perché non si tratta di normali operazioni di polizia, in cui le forze dell’ordine devono rispettare la legge, gli imputati devono essere giudicati in un processo in cui accusa e difesa sono sullo stesso piano e dove un principio cardine ò la presunzione di innocenza fino a prova contraria. Sono le regole del gioco nei paesi cui si rifà il nostro premier. Possibile che Monti invece non conosca la situazione a casa nostra e che non sappia che quella che lui chiama guerra è diventata in realtà una guerriglia, in cui anche lo Stato non rispetta i principi basilari del diritto?

Sto esagerando? Vediamo allora alcuni fatti, a cominciare dalla pretesa dello Stato alla più rigorosa puntualità nei pagamenti di ciò che gli è, o ritiene che sia, dovuto, mentre si arroga il diritto di prolungare i propri pagamenti all’infinito, come per i debiti della Pubblica amministrazione. Pensa il nostro Presidente, e i politici che in tutti questi anni nulla hanno fatto in proposito, che trattando i cittadini da sudditi si possa ottenere la loro leale collaborazione?

Ufficialmente il principio del solve et repete è stato dichiarato illegittimo, ma in realtà tuttora vive e opera tra noi. Magari sotto forma di invito a pagare subito per evitare danni maggiori, poi se si dimostrerà che hai ragione tu, se ne riparlerà, con i tempi dell’amministrazione.

Se è impossibile per chiunque, come dice Befera, redigere un 730 senza farsi aiutare da consulenti, per un ricorso occorrono veri e propri specialisti, con adeguati onorari. Se lo specialista è onesto, non metterà davanti al cliente le probabilità di vittoria, ma le varie possibilità che si presentano, secondo le diverse interpretazioni, personali, territoriali e temporali, delle leggi vigenti, le immaginabili modificazioni in corso o a venire, e i possibili condoni.

Eppure, la certezza del diritto dovrebbe essere alla base di uno Stato civile. Invece qui vige la trattativa: l’Agenzia chiede 100, l’imputato accetta il rito abbreviato, si dichiara colpevole e, tratta lo sconto. di solito del 30%. Gli evasori reali ringraziano e se ne vanno tranquilli; chi non ha evaso fa due conti e, visti costi, incertezze e durata dei ricorsi, magari decide che gli conviene pagare la somma estorta e se ne va imprecando e pensando che forse gli conviene cominciare a evadere.

L’inversione dell’onere della prova è l’arma principale del nostro fisco. È il caso dei tanto declamati studi di settore, ma la storia si ripeterà per il redditometro. I politici, ultimo Berlusconi, hanno sempre detto che questi studi servono solo come guida per valutare le dichiarazioni delle imprese, ma è una plateale menzogna. Nella realtà, al terzo anno di incongruenza con gli studi partono gli accertamenti, trasformando il contribuente in imputato, costretto a dover dimostrare la non esistenza di lavori che non ha fatturato. Una sfida che ha del metafisico. Il far presente che tocca all’Agenzia dimostrare che si sono eseguiti lavori senza fatturarli, otterrebbe solo di esacerbare il confronto.

Non ho condotto un’indagine statistica, ma da esperienze raccolte sembrerebbe che alla base di questi accertamenti non vi sia un’analisi approfondita della situazione della società, della sua compagine societaria, una valutazione del settore specifico in cui opera e delle possibili divergenze rispetto allo studio standard. Non conta, tutto verrà risolto nel processo/trattativa con il contribuente.

Gli accertamenti avvengono normalmente a cinque anni dai fatti e, per evitare la prescrizione, non rimane tempo all’Agenzia per valutazioni, ma solo per chiudere il caso, raggiungendo il proforma dell’anno. Il contribuente rimane così in uno stato di incertezza per tutto questo periodo e avrà, inoltre, maggiori difficoltà a ricostruire la situazione e il proprio operato, né pare che tutto questo possa essere preso come segno di efficienza della amministrazione.

Credo che sia tutto questo che tiene lontani gli stranieri, perché, sarò cinico, ma penso che anche i tanto lodati tedeschi non siano particolarmente frenati dalla possibilità di evadere le tasse. Ma da tutto il resto sì. E da un fisco che ricorda da vicino l’esilarante scena del gabelliere (“un fiorino”) nel film Non ci resta che piangere. Appunto!

Prima di partire per la guerra, Professor Monti, cosa ne dice di cominciare a eliminare dall’armamentario dello Stato tutte queste armi tossiche? I bombardamenti a tappeto, i rastrellamenti e le retate fanno parte sì della guerra, ma di una guerra sporca.