Ne sentivamo la mancanza, voglio dire di un nuovo feuilleton su Berlusconi. Mi riferisco ovviamente al sequestro di Giuseppe Spinelli e della moglie nella loro casa per undici ore, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre. La notizia è stata divulgata solo oggi, dopo l’arresto dei sei sequestratori, italiani e albanesi.
Solo una delle tante notizie di cronaca, se Spinelli non fosse un collaboratore di Berlusconi, anzi il suo “ragioniere”, e non solo, perché “Spinaus” alias il “ragionier Bunga Bunga”, come veniva soprannominato, era il referente delle “Olgettine”, le ragazze ospitate nel residence di Via Olgettina.
I sequestratori avevano chiesto una cospicua somma, 35 milioni di euro, per consegnare a Berlusconi documenti sulla sua causa contro De Benedetti per la questione del Lodo Mondadori. Secondo le agenzie, avrebbero parlato anche di un video che coinvolgeva Gianfranco Fini. Come vedete, ci sono tutti i fattori per un romanzo d’appendice, o un thriller se preferite: le donne, i bunga bunga, le lotte tra imprenditori, l’elemento politico.
Invece, Berlusconi, gli investigatori e la magistratura tendono a considerarla una “normale” vicenda di balordi, pregiudicati che tentano il colpo della vita, magari un po’ maldestri, visto che sono stati beccati alla svelta.
Tuttavia, se la questione “bunga bunga” sembra non avere più lo smalto di un tempo, la questione Mondadori è ancora ben attuale. La storia risale alla fine degli anni ‘80, dopo la morte di Mario Formenton, presidente della Mondadori dopo Arnoldo Mondadori, di cui era il genero. La famiglia Formenton si era impegnata a vendere le proprie quote a Carlo De Benedetti, già presente nella compagine societaria, cui partecipava anche la Fininvest di Berlusconi, ma poi aveva cambiato idea, decidendo di vendere al Cavaliere.
De Benedetti ovviamente cercò di far valere il precedente accordo e si arrivò così al famoso lodo che, a metà del 1990, diede ragione all’Ingegnere, ma fu impugnato da Berlusconi davanti al tribunale e nel 1991 il verdetto venne rovesciato. L’intervento di Andreotti, allora presidente del Consiglio, portò a un nuovo accordo, in base al quale a De Benedetti rimangono Repubblica, L’Espresso e quotidiani locali, a Berlusconi tutto il resto della Mondadori, più un conguaglio monetario.
I guai vengono quando, nel corso delle varie inchieste su Fininvest, uno dei tre giudici che avevano emesso la sentenza viene condannato per corruzione. Siamo al 2007. Inevitabile il ricorso di De Benedetti contro l’annullamento del lodo e nel 2009, in sede civile, la Fininvest è condannata a pagare 750 milioni di euro alla Cir di De Benedetti, somma poi ridotta a 564 milioni in Appello. Ora la causa è davanti alla Cassazione.
L’episodio del sequestro si inserisce quindi in una guerra tra imprenditori concorrenti che dura ormai da quasi 25 anni e che si sta avviando all’epilogo con la sentenza della Corte di Cassazione. E’ però ovvio che, sia per i protagonisti che per l’entità della cifra, e gli esiti potenziali sulle quotate in Borsa coinvolte nella questione, la vicenda tenga banco e dia adito a interpretazioni diverse.
Come visto, quella ufficiale, diciamo così, tende a ridurre la questione a uno dei tanti tentativi di estorsione, ed è quello avvalorata dal fronte berlusconiano, ma sull’altro fronte si cominciano a dipingere altri scenari.
Per il momento si tratta solo di domande, incentrate non tanto sulla dinamica del sequestro, ma sul perché siano passate parecchie ore prima della denuncia alla magistratura. La necessità di capire chi si aveva di fronte e la loro pericolosità, o il tentativo di nascondere qualcosa di ben più “pesante”? E poi, c’è quello strano annullamento da parte di Berlusconi, proprio quel 17 ottobre, di due importanti incontri, con Mario Monti e a Bucarest con il PPE. Dobbiamo credere alla scusa ufficiale di un’influenza, o c’è qualcosa di ben più grave legato al sequestro? E poi c’è quel misterioso video su Fini dai giudici….
Beh, tutto potranno dire all’estero, tranne che il nostro non sia un Paese eccitante e con un grande senso del teatro. Vedremo se questa volta si tratta di una commedia all’italiana, di una sceneggiata napoletana o delle solite baruffe chiozzotte.