In un precedente articolo ho criticato l’atteggiamento del nostro Premier verso l’evasione fiscale, non perché penso che non si debba combattere questo dannoso reato, ma perché gli evasori devono essere combattuti, a mio parere, con operazioni di polizia nel rispetto dei principi cardine di uno Stato di diritto.
Osservazione in sé ovvia, ma stimolata dalla sensazione che Monti e Agenzia delle Entrate stiano portando avanti una guerriglia con leggi da stato d’assedio, di cui per il momento le maggiori vittime sembrano essere i normali cittadini, prima ancora degli evasori effettivi.
Monti è intervenuto ieri agli stati generali della Cida, la federazione cui aderiscono 800.000 manager, che in un precedente documento aveva criticato la politica fiscale del governo, la non sufficiente riduzione della spesa pubblica e la mancanza di provvedimenti incisivi sul lato della crescita. Il documento si concludeva, infatti, con una frase piuttosto decisa: “Chiediamo al Governo di uscire da questa situazione, in cui si rinviano le scelte coraggiose che vanno prese per sostenere la ripresa economica, dimostrando il coraggio che il momento richiede, senza tatticismi politici che non dovrebbero competere ad un Esecutivo tecnico.”
Il documento chiedeva anche una forte lotta all’evasione fiscale, richiesta ripetuta durante la riunione cui ha partecipato il Presidente del Consiglio, per il quale è stato un invito a nozze. Ecco uno dei passi del suo intervento come riportato dall’Ansa: “Sotto il profilo del fisco siamo in uno stato di guerra ‘contro gli evasori’ e non è possibile avere la pace sociale, una pace tra cittadini e tra cittadini e Stato se non viene ruvidamente contrastato questo fenomeno“. Ha però anche affermato, secondo una agenzia AGI, che nella lotta all’evasione fiscale “in qualche caso siamo andati ai margini della violazione della privacy“.
E’ meritevole che il Premier si preoccupi della privacy, ma credo che il rispetto dei principi base del diritto sia più importante ai fini di una pace “tra cittadini e Stato”. Prendiamolo, comunque, come un inizio di riconoscimento che qualcosa va ripensato e che si possa sperare in azioni più mirate e rispettoso dei diritti di tutti i cittadini.
La materia per intervenire non manca, a partire da studi di settore e redditometro che, come risulta da diversi articoli apparsi sul Sussidiario, non sono “bombe intelligenti “, cause comunque di disastrosi danni collaterali, ma armi di “distruzione di massa”, tanto per rimanere nella terminologia bellica cara a Monti. Né pare emerga alcuna intenzione di analizzare il fenomeno dell’evasione, per adeguare gli strumenti per combatterlo senza fare vittime inutili. Vedasi in proposito l’articolo scritto da Sergio Luciano sull’argomento, che ritengo tuttora valido come spunto di riflessione operativa.
Interessante anche un’altra affermazione di Monti e cioè che occorre “cambiare la cultura economica e politica“. Ne sono convinto, ma vorrei sapere in che direzione, anche perché non mi pare così evidente questo auspicato cambiamento nell’azione del suo governo. Forse, visto che siamo in tempi di “rottamazione”, lo dobbiamo interpretare come un benservito alla classe politica ed imprenditoriale attuale? E a favore di chi?
Il dubbio viene leggendo un intervento a Nove in Punto su Radio 24 di Attilio Befera, secondo quanto riportato dall’agenzia Asca il 21 novembre: “Uno dei danni che ho nella lotta all’evasione è lo spreco di denaro che viene recuperato. Il fatto che ci siano situazioni come quella di ‘Er Batman’ (Fiorito, ndr) danneggiano il mio lavoro e la voglia di pagare le tasse.” Befera continua dicendo: ”Se non si vuole fare questa azione di recupero dell’evasione, se non si vuole fare questa operazione per i consumi o per difendere la casta, basta dirlo, non c’e’ problema. Io me ne vado in pensione!”
Beato lui che può andarci, è forse stato il pensiero di qualcuno, ma la denuncia mi pare molto chiara e sembra rafforzare tutti i dubbi finora espressi. Mi chiedo anche come Befera possa continuare a fare il suo lavoro dopo queste affermazioni, che si aggiungono a quelle sulla incomprensibilità delle norme fiscali che è chiamato ad applicare.
Sarebbe bene avere delle risposte puntuali, per non essere indotti a pensare che sia tutta una questione di immagine o, ancora peggio, solo di quadratura del bilancio, nascoste sotto l’icona della giustizia sociale.