Tanto tuonò, che piovve! Mario Monti ha annunciato le sue dimissioni, essendo stato sfiduciato dal Pdl. Le maggiori preoccupazioni sono per cosa “diranno i mercati”, ma questo lo vedremo nei prossimi giorni. Ciò che per me è altrettanto preoccupante è che sembra di assistere a una recita a soggetto, dove gli attori improvvisano, ma seguendo un canovaccio prestabilito.
Proviamo a ridisegnare questo canovaccio. L’8 novembre 2011, Berlusconi parla con Napolitano e annuncia che, non avendo più una maggioranza, rassegnerà le dimissioni dopo l’approvazione della legge di stabilità, cosa che farà infatti il 12 novembre. Fotocopia della situazione di questi giorni.
La crisi dura “ben” quattro giorni e il 16 novembre si insedia il governo presieduto da Mario Monti, nominato da Napolitano senatore a vita il giorno dopo l’annuncio di Berlusconi. Dietro al governo “tecnico” si crea per la prima volta una maggioranza trasversale, la cosiddetta ABC, Alfano, Bersani, Casini, una specie di “Grosse Koalition” all’italiana, cioè dietro le quinte, che in Parlamento lascia fuori principalmente Lega e IdV.
Riandando alle precedenti, numerose crisi della nostra storia, è difficile non pensare a un ben preciso canovaccio. Infatti, la “agenda Monti” ha come punto di partenza gli impegni presi con l’Europa da Berlusconi. Monti vorrebbe avere nel governo rappresentanti delle forze politiche che lo sostengono, ma riceve un netto rifiuto e dà quindi vita ad un governo parapolitico. L’ABC sapeva benissimo che si sarebbero imposte dure condizioni agli italiani, quindi meglio farlo fare da “tecnici”, tanto più se fiduciari dei poteri internazionali.
Questa “trama” parrebbe ora sfilacciata, ma è proprio vero? La crisi si è aperta con l’astensione del Pdl sul decreto sui costi della politica, in risposta a estemporanee dichiarazioni di Passera su Berlusconi. Incidente voluto e a vantaggio di tutti gli attori? Poi la discesa in campo di Berlusconi e tutti si sono meravigliati, ma la sensazione di una recita è forte: un Berlusconi intenzionato a ritirarsi non avrebbe messo a repentaglio il centrodestra con il suo continuo sfogliar la margherita.
Ecco poi arrivare il passo indietro di Montezemolo, da sempre sulla soglia, un passo avanti e uno indietro. Questa volta però dice una cosa interessante: se Monti non si impegna, non vale la pena di giocare. Il giorno dopo Monti dichiara la sua intenzione di dimettersi e si ritorna a parlare di una riunione, il 20 dicembre, tra le forze centriste che si rifanno a Monti. Quante coincidenze!
A questo punto, è probabile un bell’election day all’inizio di febbraio, cioè un mese prima del previsto, che non sembrerebbe una catastrofe, e che è quanto da tempo chiedeva la Lega. L’ha presa particolarmente male Grillo, che sul suo blog insulta tutti e accusa Monti e l’ABC di attacco alla democrazia. Accusa ragionevole dal suo punto di vista, perché avrà qualche difficoltà in più a fare le liste, anche per i problemi causati dalle sue tanto esaltate parlamentarie.
A parte le improvvisazioni, che ci saranno, il canovaccio sembra reggere. Si andrà a votare con il “porcellum” e la prossima maggioranza sarà quasi certamente formata dal centrosinistra di Bersani e dal centro di/per Monti. Nel centrosinistra la componente che fa capo a Renzi controbilancerebbe Vendola e compagni e gli antiberlusconiani riuscirebbero finalmente a metter in minoranza Berlusconi senza ricorrere alla via giudiziaria, grazie agli errori del Cavaliere.
In questa luce, diventa anche più comprensibile l’ultima mossa di Berlusconi, che, valutata inesistente la possibilità di tornare al governo, si prepara a fare opposizione dura, magari con la Lega, nella speranza che si ripeta il 2008. Come al solito: spes, ultima dea.
Chi rischia di perdere ogni speranza è il grande numero di italiani che vorrebbero una classe politica responsabile, per la quale governare significasse perseguire il bene comune, o della collettività se si preferisce, e non ideologie o interessi particolari e di casta. Il grande numero di italiani che potrebbero essere definiti “moderati”, perché sanno che gli estremismi non solo non servono, ma sono perniciosi. Tutti quegli italiani che credono ancora, poco modernamente, a certi valori, in primis la famiglia e le proprie spontanee aggregazioni, e che non possono “non dirsi cristiani”, per dirla alla Croce, e che in gran numero si riconoscono tuttora nella Chiesa cattolica.
Tutti costoro rischiano di non trovare più alcuno che possa rappresentarli, o meglio, che possa guadagnare la loro fiducia. Ed è questo il più grande danno procurato dal canovaccio descritto prima, danno ben più profondo della banale antipolitica.