Per un paio di giorni l’Italia si è ritrovata protagonista sulla scena europea. Cos’è successo? Abbiamo diminuito il debito pubblico, aumentato l’occupazione, lo spread si è miracolosamente azzerato? Magari! No, solo merito dei nostri due Super Mario.

L’altro giorno, Mario Monti ha letteralmente spopolato alla riunione del Ppe, accolto come uno di loro, credo con una certa sorpresa anche di Monti, che non mi risulta abbia mai bazzicato da quelle parti. Evidentemente anche lì funziona il vecchio criterio “il nemico del mio nemico è mio amico”, tesi avvalorata da alcune dichiarazioni come quella del premier olandese, che avrebbe detto: “E’ chiaro che il Ppe supporta Mario Monti e non Silvio Berlusconi”.



Pare che anche per Martens, presidente del Ppe, l’appoggio a Monti sia totale e che perfino Barroso, presidente della Commissione europea abbia fatto pressioni direttamente su Berlusconi. Alla luce di questi “interventi” (quasi di tipo chirurgico), è comprensibile che Berlusconi abbia fatto finta di essere anche lui della partita, come quegli imbucati alle feste che fingono di conoscere il padrone di casa.



Questo trattamento lo ha in gran parte provocato lo stesso Berlusconi con il suo comportamento, ma siamo di fronte all’ennesima, inammissibile intrusione nei nostri affari interni. La Merkel ci dice che non accetterà una campagna elettorale antitedesca, ma lei e tutti gli altri dovrebbero ricordarsi che chi la fa, prima o poi l’aspetti.

Capisco anche una certa ritrosia di Monti ad accettare immediatamente una candidatura da poteri stranieri per acclamazione, ma è indubbio che questo plebiscito sulla scena europea, sia pure di un partito, abbia rafforzato la sua posizione.

Passiamo all’altro Super Mario, Draghi, appena nominato dal Financial Times “Person of the Year”, per aver salvato l’euro con la sua determinazione. Si cita, infatti, una sua frase in cui dichiarava: “Nell’ambito del nostro mandato, la Bce è pronta a fare tutto quello che serve per preservare l’euro.” Aggiungendo, secondo una fonte giornalistica dopo un attimo di sapiente suspense: “E credetemi, sarà abbastanza.” Frasi dette lo scorso 26 luglio a Londra, durante una riunione con uomini d’affari inglesi prima dell’inizio delle Olimpiadi.



Tutto senz’altro vero, come è stato ribadito in numerosi e diversi articoli su queste pagine. Tuttavia, non è irrilevante che il riconoscimento venga dal Regno Unito, che è fuori dall’Eurozona, e da un giornale come il FT, che non dà notizie, ma “manda messaggi”, come scrive Mauro Bottarelli.

La notizia, come riporta in un suo articolo Paolo Annoni, segue di poco una stroncatura dell’altro Super Mario nella Lex column, mitica rubrica del Financial Times, in cui, sotto il titolo “Not so super Mario”, si attaccava duramente l’operato del governo Monti. Sembrerebbe perciò una precisa scelta tra i due, sulla quale sarebbe bene riflettere.

In attesa che lo facciano gli esperti, io avanzo alcune ipotesi da sottoporre a verifica degli stessi. La prima è che non è un problema di nazionalità, né di status, perché sotto questo profilo i due Mario sono abbastanza simili. Monti però gioca in Italia, è quindi italiano a tutti gli effetti, mentre Draghi è in Europa e in una posizione nevralgica, poco importa quindi se è italiano.

Secondo, la posizione di Draghi come presidente della Bce è molto diversa e spesso contrastante con quella della Bundesbank, e da questa contrastata. Non vi è dubbio che Regno Unito e Germania siano schierati su fronti avversi, non solo sulla concezione di Europa, ed è quindi pensabile una maggiore “simpatia” nei confronti di Draghi.

Oltretutto, mentre Monti è decisamente “europeo” e come Commissario europeo si è spesso duramente scontrato con finanza e industria anglosassoni (basti ricordare la vicenda Microsoft), Draghi è sempre stato “anglosassone”, dai tempi del Britannia fino alla sua permanenza in Goldman Sachs.

La banca d’investimento americana è ormai diventata una specie di “convitato di pietra” in tutte le vicende finanziarie, tanto che i più estremisti la definiscono l’unico vero potere mondiale. Tuttavia, proprio la Goldman Sachs si è recentemente espressa in termini stranamente “benevoli” sulla situazione economica italiana, il che significherebbe una diversa valutazione rispetto a quella del giornale inglese.

Maurizio Belpietro, tempo fa su Libero, consigliava a Berlusconi, o ipotizzava come possibilità non recondita, una sostituzione di Monti con Draghi. In fondo, nell’intervista al Financial Times, Draghi afferma che è necessario continuare sulla via dell’austerità per non gettare via tutti i sacrifici fatti finora.

Credo invece che al mondo finanziario anglosassone vada benissimo che Draghi rimanga alla Bce, sia per quanto detto sulla Bundesbank, sia perché le difficoltà dell’euro cominciano a pesare anche sulle economie fuori dell’Eurozona.

Il che non significa, ovviamente, una disattenzione della Goldman Sachs nei confronti del nostro Paese, che se continua così dovrà mettere in vendita un po’ dei suoi gioielli, è la GS è una banca d’affari che vive, anche, sulle commissioni. E comunque, Mario Draghi non è l’unico italiano con trascorsi in Goldman Sachs.