Tre anni fa, nell’ottobre del 2009, scrissi un articolo intitolato “’Après moi, le déluge’. Berlusconi come Luigi XV”. Mi sembrava, allora, che le inconsulte reazioni di Berlusconi alla sentenza della Corte Costituzionale sul cosiddetto “Lodo Alfano”, riguardante l’immunità delle alte cariche dello Stato, indicassero un sostanziale disinteresse per ciò che sarebbe arrivato dopo di lui.

La situazione attuale del centrodestra sembrerebbe confermare quella osservazione, anche se, a differenza di quello storico, il Luigi XVI del nostro tempo è stato ghigliottinato non dai rivoluzionari, ma da un Luigi XV redivivo. Sto parlando evidentemente di Angelino Alfano, che il “ritorno dello Jedi” ha condotto alla ghigliottina mediatica e politica, visto che Berlusconi avrebbe dichiarato di non aver trovato un leader che fosse in grado di sostituirlo.

Alfano non è però l’unica vittima del ritorno del Cavaliere. Il Centro, in perenne via di formazione, ne è rimasto ugualmente colpito e la prima avvisaglia viene da Luca di Montezemolo, il quale ieri ha dichiarato che “sarà complicato esserci”senza un impegno in prima persona di Mario Monti. Sottinteso che lui difficilmente ci sarà.

Francamente che ci sia o meno Montezemolo (il maggior sfidante del Berlusca al titolo di Sor Tentenna, anche se onestamente al primo toccherebbe più quello di cunctator, temporeggiatore), credo non turbi il sonno della maggior parte di noi, ma pone senza dubbi problemi al suddetto Centro, scombussolato dalla ri-discesa in campo di Berlusconi.

Marx diceva che la storia si ripete come farsa e se la prima discesa in campo di Berlusconi segnò effettivamente una svolta nello scenario politico che si andava delineando, dando voce a una metà degli italiani rimasti orfani di rappresentatività, ora la sua ricandidatura suona bizzarra anche a molti suoi sostenitori. Fatta salva la Vecchia Guardia, entusiasticamente pronta a far quadrato attorno all’Imperatore (a proposito, a chi il ruolo di Cambronne?).

A dir la verità, l’analisi di Montezemolo non è in sé sbagliata: con un PD che tende, malgrado Renzi, a spostarsi a sinistra e un Berlusconi che si risposta verso la Lega, il Centro senza un impegno preciso di Monti rischia di rimanere con poco in mano. Per di più se si tiene conto del probabile successo di Grillo e dell’astensionismo incombente. Ovvie, perciò le aspre reazioni di Casini e Fini.

Uno dei soprannomi appioppati a Pierferdinando Casini è “Pierfurbi”; è fuor di dubbio la notevole capacità manovriera dimostrata da Casini, ma ha dato troppo l’impressione di voler sfruttare al massimo quella che Andreotti definì la “ politica dei due forni”.

Ma in tempi di profonda crisi e di disagio e delusione verso la politica, simili definizioni, come quella delle “alleanze a geometria variabile” sul piano nazionale e quello locale, vengono ritenute dalla maggior parte degli elettori strumentali solo ai propri particolari interessi di partito.

Si aggiunga la miriade di movimenti, partitini, liste civiche, auto candidature che popolano l’area di centro e il quadro di totale confusione è completo. Si direbbe, quindi, che Montezemolo alla fine ha ragione: o Monti si mette a capo di questo magma convulso in vista di un nuovo suo governo espressione di un (ennesimo) “nuovo Centro” e appoggiato dal centrosinistra, o tanto vale dare il “rompete le righe”.

Il problema è che Napolitano ha dichiarato che Monti, essendo già senatore a vita, non ha bisogno di candidarsi al Parlamento. Tuttavia, non sembra essere questo un punto insormontabile, in quanto Monti potrebbe porsi come punto di riferimento politico e, se si andasse a votare con l’attuale sistema., il suo nome potrebbe, credo, essere scritto sulle liste come futuro premier, pur già seduto in Parlamento.

In contemporanea alla uscita di Montezemolo, Ignazio La Russa ha dichiarato la sua preferenza per un Berlusconi rimasto nel ruolo di “motivatore”. Viene spontaneo interrogarsi sul silenzio del “motivatore” del centrosinistra, Romano Prodi. Davvero rimarrà a occuparsi dell’Africa in attesa di ascendere al Quirinale, o magari all’Onu? O non resisterà alla tentazione di confrontarsi ancora una volta con Berlusconi? In tal caso, sarebbe un’ulteriore conferma che Marx aveva ragione, almeno sulla questione della storia che si ripete.