In effetti, poteva risparmiarsi di definirla un “regalo di Natale”. Mi riferisco alla frase con cui la Presidente del Parlamento ugandese aveva promesso l’approvazione della legge antigay, ben sapendo quante reazioni contrarie questa proposta, in effetti molto discutibile, aveva provocato in giro per il mondo. Tanto è vero che la sua discussione è stata rinviata al nuovo anno.
Al di là dei contenuti della legge, la questione è stata “insaporita”, per così dire, dal fatto che la Presidente, Rebecca Kadaga, è stata ricevuta dal Papa a metà dicembre, cosa immediatamente presa di mira dalle lobby gay (pardon, LGTBQ) e dalla stampa radicale e di sinistra. Reazioni tanto più accese dopo il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace, per il passaggio in cui afferma che “la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.”
Il Papa continua affermando che questi principi “sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità.”, concludendo che “quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace.”
Queste frasi sono state interpretate come un attacco agli omosessuali, considerati una minaccia per la pace e la giustizia, mentre il Pontefice aveva definito tale la distruzione del concetto naturale di matrimonio, inteso tra uomo e donna. E’ evidente la strumentalizzazione, ma è nota la disattenzione alla correttezza dell’informazione da parte dei patiti del “politicamente corretto”.
La posizione della Chiesa in proposito è da sempre chiara: molto netta nella condanna del comportamento omosessuale, ma molto attenta al rispetto delle persone. Il rispetto e la vicinanza alle persone non può però tradursi in un’accettazione dello stravolgimento di principi “inscritti nella natura umana stessa”, come sarebbe il riconoscimento della parità giuridica del matrimonio omosessuale.
Significativo che in questa diatriba sia stata lasciata in ombra una fonte di solito utilizzata, anche acriticamente, come Wikileaks, che ha riportato uno scambio di messaggi e incontri tra la diplomazia vaticana e quella statunitense per cercare di bloccare la proposta di legge alla sua uscita, nel 2009.
Inoltre, nel dicembre dello stesso anno, in un comunicato della Santa Sede letto dal suo rappresentante all’Onu, si dichiarava che “la Santa Sede si oppone a tutte le forme di violenza e di ingiusta discriminazione contro persone omosessuali, incluse leggi penali discriminatorie che offendano la inerente dignità di ogni persona umana.”
Infine, nel suo tradizionale messaggio di Natale, l’arcivescovo di Kampala, Mons. Cyprian Lwanga, condannava la proposta di legge anti omosessuali, dicendo che colpiva le persone, invece di portare consiglio e aiuto a chi aveva bisogno di “conversione, pentimento, supporto e speranza.” Certo, non si può sperare in un applauso da parte di lesbiche, gay, transgender, bisessuali e “questioning” (ancora in dubbio), cioè la sigla LGTBQ di cui sopra, ma una posizione ben diversa da quella fatta strumentalmente passare dalla “grande stampa”.
L’impressione è che si sia approfittato dell’occasione per attaccare ancora una volta la Santa Sede. Infatti, non vengono mai citati i musulmani, il cui comportamento è decisamente “drastico” nei confronti dell’omosessualità e che, nel caso ugandese, si sono schierati a favore della legge. Tuttavia, è difficile che questa venga approvata, anche nella forma attuale senza la sconcertante previsione di pena di morte per i casi più gravi si omosessualità, con minori o ammalati di Aids. L’Uganda ha bisogno di aiuti dal resto del mondo e i “donors” hanno già fatto intendere che ritireranno i loro “regali” se venisse approvata. In prima linea Obama, che l’ha definita orribile, ma che considera invece normale il genocidio eugenetico negli Usa, per esempio su feti che si suppone affetti da sindrome di Down. Forse perché i feti non votano e gli omosessuali sì.
Molti di coloro che attaccano la Santa Sede sono gli stessi sempre pronti ad accusare l’Occidente, e la Chiesa, di aver “violato” le culture tradizionali dei Paesi colonizzati, ma che in questa occasione non si sono curati di sapere cosa ne pensano in Uganda. Sui mezzi di informazione ugandesi, infatti, si nota una generale propensione a ritenere l’omosessualità estranea alla propria cultura e una caratteristica piuttosto della cultura occidentale; ciò anche tra chi si oppone alla proposta di legge.
Il Presidente della Repubblica, Yoveri Museveni, ha dichiarato con fermezza che gli omosessuali non devono essere perseguitati, sottolineando che la proposta in discussione è iniziativa di singoli parlamentari e non del governo, ma ha anche aggiunto che: “Non possiamo accettare la promozione dell’omosessualità come se fosse una buona cosa.” Museveni ha anche detto che, a differenza dell’Occidente, in Uganda le questioni sessuali sono ritenute un fatto privato e non pubblico.
A quanto pare, l’affermazione della propria identità e il rifiuto dell’imposizione delle visioni culturali dell’Occidente fanno da sottofondo a tutta la questione, come dimostrano anche le acclamazioni riservate alla Kadaga per aver affermato, in una riunione internazionale in Canada, il diritto dell’Uganda a legiferare liberamente senza interferenze dall’estero.
Insomma, visto dall’Uganda, il dibattito sembrerebbe uno scontro tra African Pride nazionale e Gay Pride di stampo occidentale.