La missione di Enrico Letta negli Stati Uniti parrebbe aver avuto successo, almeno a prima vista. Letta si è complimentato con Obama per il superamento dello shutdown e Obama con Letta per aver avviato l’Italia nella giusta direzione con le riforme. Cortesie diplomatiche a parte, l’impressione è di un effettivo e reciproco apprezzamento, anche per la colazione di lavoro successiva all’incontro che, dicono le cronache, non era stata offerta a un premier italiano dai tempi di Bush padre.

I maligni potrebbero insinuare che i due si sono “piaciuti” perché, tutto sommato, hanno gli stessi problemi, anche personali come leader politici. L’impressione rischia di essere confermata dai ripetuti riferimenti di Letta, nella conferenza stampa, al Tea Party e a suoi epigoni italiani. Ciò è stato particolarmente chiaro per quanto riguarda l’Europa, che secondo Letta corre il pericolo di essere sempre più esposta all’attacco dei movimenti antieuropei e populisti, persino nello stesso Parlamento europeo.

Si può capire questa preoccupazione, dato che Letta ha dichiarato la sua ferma intenzione, durante la presidenza europea dell’Italia dal prossimo luglio, di cambiare la strategia europea e spostarne il fuoco dall’austerità alla crescita. Una consistente presenza di euroscettici nel Parlamento europeo renderebbe la questione ancora più accesa, direi, tuttavia, proprio per colpa dell’Europa, politici e burocrati, e non mi sembra corretto identificare tutti gli oppositori con il comodo epiteto di populisti. Letta ha poi detto di aver invitato Obama a Bruxelles, trovando un suo grande interesse nell’Europa, e questa mi sembra davvero una discreta novità.

Notevole è stata l’ampiezza dell’analisi sulla situazione internazionale, con tre fuochi particolari su Afghanistan, Iran e Libia. Obama ha correttamente riconosciuto il nostro apporto nel primo Paese, e penso sia stato un riconoscimento sincero, visto il diverso e meritorio modo di operare dei nostri soldati e civili, lì come in Iraq.

Sull’Iran, l’impressione almeno dalla conferenza stampa, è che Letta e Obama ne abbiano trattato alla pari, ma certamente l’Italia può qui giocare un ruolo non subordinato. Bene ha comunque fatto Letta a sottolineare che non sono consentite a nessuno fughe in avanti.

Sulla Libia, la sensazione è che il nostro Primo ministro abbia sottolineato alcune preoccupazioni, se non proprio recriminazioni, per la situazione in cui l’intervento anglo-francese, totalmente e concretamente appoggiato da Obama, ha lasciato il Paese nordafricano. Letta ha infatti ancora una volta sottolineato come la instabilità che domina la Libia sia causa di gravi difficoltà per l’Italia sul versante immigrati e profughi. 

Si è legato qui il discorso sulla questione siriana, dove l’Italia difficilmente può giocare un ruolo di primo piano, ma Letta ha comunicato lo stanziamento di 50 milioni di dollari per i rifugiati dalla Siria. Questi soldi saranno, mi è parso di capire, gestiti dall’Onu, mossa questa “corretta” politicamente, non so quanto valida in termini di efficacia.

E’ probabile che anche sul problema immigrazione vi sia stato un “comune sentire”, perché questo tema è al centro di un dibattito politico molto acceso negli Stati Uniti, con tratti simili al nostro, pur nella diversità delle situazioni.

Molto opportuno è stato il discorso di Letta sull’EXPO 2015 e molto importante la notizia della partecipazione americana, che non può essere statale ma solo privata, ma con l’apprezzamento e il supporto del governo.

Letta ha poi invitato Obama e famiglia a visitare la Toscana, cosa giusta essendo lui pisano, ma forse qualcuno all’interno del suo partito sta cercando di capire se si tratta di una mossa nei confronti del fiorentino Renzi in vista del prossimo congresso del Pd.