A un osservatore disincantato della nostra politica sarà sembrato, negli ultimi giorni, di assistere a una commedia all’italiana o, se preferite, a una pochade. Per molti stranieri sarà stata l’ennesima conferma, non richiesta, di come in Italia i confini tra dramma e farsa siano estremamente incerti. Eppure, guardandoci attorno, non parrebbe che altrove siano tutte rose e fiori.

Se prendiamo la più grande, seppure un po’ ammaccata, potenza mondiale, ci troviamo di fronte a una serie imbarazzante di infortuni. La politica estera degli Stati Uniti ha raggiunto forse il suo più alto livello di inattendibilità, strategicamente ben poco comprensibile e condotta con toni guerreschi da un presidente eletto perché oppositore del “guerrafondaio” Bush e insignito, infatti, del Nobel per la pace. Un presidente che si fa prendere bellamente in contropiede perfino da Putin, tanto da non meritarsi neppure una lettera dal Papa, a differenza del russo.

La situazione degli Stati Uniti per quanto riguarda la politica interna non è certo migliore, visto che da qualche giorno il governo federale è “chiuso”, e lo shutdown è una variante più dura del nostrano esercizio provvisorio. Basti pensare che è in preparazione una mozione per la Camera dei Rappresentanti per consentire ai cappellani militari di poter celebrare la Messa, perché la “chiusura” non lo consentirebbe.

Inoltre, chi ha avuto modo di seguire i dibattiti tra Democratici e Repubblicani ha potuto constatare, credo con qualche stupore, che noi italiani non abbiamo nulla da insegnare agli americani quanto ad aggressività e intolleranza nei confronti degli avversari politici.

Né sembra più distesa la situazione in Gran Bretagna, dove la decisione in favore dei matrimoni gay ha gravemente diviso il Partito Conservatore e tolto simpatie a Cameron, che ha dovuto anche subire una grave sconfitta con il voto contrario del Parlamento a un intervento militare in Siria. Anche gli inglesi hanno una specie di M5S rappresentato dall’Ukip, il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, contrario alla permanenza nell’UE e che contende ai Lib-Dem il terzo posto tra gli elettori.

Per finire, tra meno di un anno, nel settembre del 2014, dovrebbe tenersi in Scozia un referendum per decidere di staccarsi dal Regno Unito. Il referendum, chiesto dal Partito Nazionale Scozzese (SNP), è stato concesso dal governo inglese. E’ una coincidenza, ma anche Cameron è di origine scozzese.

Anche la Spagna, oltre che con una grave crisi economica, la fortissima disoccupazione, soprattutto giovanile, la disastrosa situazione delle banche e la bolla immobiliare, ha a che fare con le pulsioni separatiste della Catalogna, che sembra in questo aver sostituito i baschi, per fortuna senza violenza.

La Francia del socialista Hollande cerca di far dimenticare i problemi economici e la perdita di smalto del Paese, con iniziative di grandeur alla De Gaulle, dalle imprese nell’Africa centrale al fiancheggiamento di Obama nella minacciata e sciagurata avventura siriana. In aggiunta, Hollande sta accentuando il laicismo dello Stato, usando il pugno di ferro contro i pacifici manifestanti di Manif Pour Tous e i veilleurs, suscitando critiche persino tra le non tenere forze dell’ordine francesi. Oltretutto, questo estremo laicismo potrebbe creare problemi anche alla forte minoranza musulmana, già a rischio di essere investita dall’onda lunga delle fallite primavere arabe.

Infine, la nazione modello di questa fasulla Europa, la Germania. Angela Merkel ha vinto a man bassa, ma anche a spese dei suoi alleati liberali, che non sono entrati al Bundestag, e l’alternativa della Grosse Koalition con i socialisti sembra essere molto meno semplice rispetto alle precedenti occasioni. Né sembrano convenienti alleanze con la Linke, equivalente più o meno della nostra Sel, o con i Verdi. Rimane poi significativo il successo di Alternativa per la Germania, la formazione che sostiene l’uscita dall’euro, che non è entrata per un soffio in Parlamento (4,8%, essendo la soglia di sbarramento il 5%), ma ha uguagliato il risultato del Partito Liberale. In questa situazione, in Germania c’è già chi parla di un possibile ritorno alle urne a breve scadenza.

Come si vede, un panorama poco allegro, ma gli altri continuano a essere presi sul serio, noi invece…