Mentre si stanno ancora raccogliendo in mare i corpi delle vittime dell’ennesima tragedia di migranti, sembra cinico occuparsi dei dati oggettivi del problema immigrazione, invece di rinchiudersi nella commozione e nel dolore di fronte a questo evento. Purtroppo, l’esperienza insegna che la commozione non durerà a lungo, per poi riaccendersi alla prossima tragedia.

I nostri politici, infatti, hanno già cominciato a “buttarla in politica”, con il ministro all’Integrazione, Cécile Kyenge, che a Lampedusa ha dichiarato urgente la revisione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, considerata evidentemente alla base del tragico naufragio. E’ difficile sottrarsi alla sensazione di una strumentalizzazione politica di questo difficile problema, approfittando dello straziante spettacolo dei corpi ripescati in mare.

La suddetta legge avrà molti difetti e non sarebbe strano se abbisognasse di revisione, ma appare del tutto strumentale considerarla la causa di queste tragedie, così come appare abbastanza incongrua la proposta del ministro di eliminare il reato di immigrazione clandestina previsto dalla legge. C’è da notare che il vice primo ministro Alfano, solo qualche giorno fa, ha ragionevolmente affermato che è implicito nel concetto di Stato l’avere dei confini, il che include il reato di clandestinità. Da parte sua, il primo ministro Letta ha dichiarato che i guai nascono dal fatto che sono saltate le entità statuali sull’altra sponda del Mediterraneo, segnatamente in Libia. Siamo forse al “ridatece er puzzone”, nella fattispecie Gheddafi?

In questo ultimo tragico evento, il barcone è affondato a causa di un incendio appiccato accidentalmente da qualcuno a bordo, proprio per essere individuati da possibili soccorritori. In tutti gli altri casi, i naufragi sono stati provocati dalle condizioni dei natanti forniti, a caro prezzo, dalla malavita organizzata. Eppure, per i nostri politici, sembra passare in secondo piano la lotta contro questi nuovi negrieri che, a differenza di quelli del passato, paiono non preoccuparsi che il loro carico umano arrivi a destinazione; cosa comprensibile, visto che ne hanno già intascato il prezzo.

Suona difficile credere che questi criminali non possano essere combattuti in modo più efficace e non di certo per problemi tecnologici, né per responsabilità delle nostre forze dell’ordine, che fanno ciò che sono messe in condizione di fare. Sembra che manchi la volontà politica di intervenire, non solo dell’Italia, ma dell’Europa, tanto più grave perché stroncare questo traffico significherebbe salvare molte vite umane e evitare che somme ingenti finiscano alla criminalità organizzata e a finanziare il terrorismo. Infatti, chi affronta quei lunghi e pericolosi viaggi, mettendo costantemente in pericolo la propria vita, dispone di denaro sufficiente a pagare queste organizzazioni criminali.

E’ quindi essenziale che il complesso problema dell’immigrazione venga affrontato sulla base dei dati oggettivi, senza cedere all’ideologia o al calcolo elettorale. Interessante sotto questo profilo la recente intervista de ilsussidiario.net a Gian Carlo Blangiardo, che mette in rilievo la forte riduzione dell’incidenza dei clandestini sul totale degli immigrati nel nostro Paese, passata dal 50% degli anni 90 al 35% del periodo immediatamente precedente la Bossi-Fini, fino all’attuale stima del 6%. Tra le cause della riduzione, a parte la legge suddetta e le ripetute sanatorie, vi è anche la crisi economica che rende meno appetibile l’immigrazione nel nostro Paese.

L’intervista ricorda anche che la maggior parte dei clandestini entrano legalmente in Italia, per poi rimanervi illegalmente. I barconi dal Nord Africa sono la parte più drammatica, ma non esauriscono certamente i flussi migratori e sarebbe bene occuparsi anche di ciò che succede ai confini terrestri. Anche qui le varie mafie sono in azione, si pensi solo ai cinesi o al traffico di donne avviate alla prostituzione dall’Europa dell’Est.

E’ giusto concentrarsi su Lampedusa, se non altro per il ringraziamento che dagli italiani, e non solo, va ai suoi abitanti, che hanno però bisogno anche di aiuti concreti per una situazione che si fa sempre più insostenibile per l’isola. Ma Lampedusa è solo un punto di transito in un problema che deve essere affrontato a monte e a valle. A monte, nei Paesi di origine, per cercare di risolvere le situazioni che determinano i flussi migratori, e qui la Bossi-Fini poco c’entra. Per questo ci vuole molto tempo, ma se non si inizia mai, e non decisamente, i problemi continueranno a moltiplicarsi.

A valle, cioè in Italia, una revisione della legge potrà anche servire, ma potrà fare poco per trovare lavoro, alloggio e condizioni di vita vivibile per nuove masse di immigrati, quando governo e società non riescono a dare tutto ciò a molti degli stessi italiani.