Questa sera, come ogni anno, in tutte le chiese cattoliche del mondo verrà cantato il Te Deum per ringraziare Dio per l’anno appena passato. Un inno che risale al IV secolo, ma che mantiene intatto anche ai nostri giorni il suo fascino e la sua capacità di commuovere, anche quando non si coglie appieno il significato delle parole latine.
Si potrebbe dire che proprio per questo affascina e commuove, per la mescolanza di una musica e di una lingua che rimandano sì a un passato, ma un passato che ancora sentiamo nostro, nonostante tutti i nostri rifiuti, malgrado la crescente indifferenza che ci minaccia fin nel nostro intimo. Un tempo in cui, pur con tutte le miserie proprie e del mondo circostante, comunque fossero stati i dodici mesi passati, si sentiva imperioso il bisogno e il desiderio di ringraziare l’Altro, dal quale nel proprio intimo si sentiva di dipendere ultimamente.
Ed è questo il vero significato del Te Deum laudamus, certamente inno di ringraziamento per l’anno trasorso, ma soprattutto, come dice il primo verso, di lode al Creatore perché esistiamo, qualunque sia la qualità nostra e della nostra vita, lode e ringraziamento a Colui che ci ha creato e che ci fa vivere.
Infatti, l’ultimo giorno dell’anno non è l’unica occasione in cui si canta questo inno. Un esempio ben chiaro è dato dal Te Deum che viene cantato dopo l’elezione di un nuovo Pontefice, per ringraziare Dio che, attraverso l’opera dello Spirito Santo, assicura la continuazione della Chiesa, Suo Corpo Mistico, nella successione petrina.
Lode e ringraziamento a Dio che non dovrebbero essere limitati alle “grandi occasioni”, ma essere costantemente presenti nella vita del cristiano, certo con forme meno solenni del Te Deum. Per esempio, con le giaculatorie, sostituto che appare perfino povero nella sua semplicità e perciò cadute in disuso.
Nella sua solennità, il Te Deum si inserisce quindi in quella che dovrebbe essere una costante della vita cristiana, cioè il lodare e rendere grazie a Dio. Un altro strumento è dato dal Libro delle Ore, che non a caso inizia con le Lodi la giornata che, attraverso l’Ora media e i Vesperi, si concluderà con la Compieta, il compimento della giornata del cristiano.
Anche il Te Deum inizia con la lode a Dio Padre nella Trinità, per poi concentrarsi nella lode a Cristo Redentore e concludersi con l’invocazione della misericordia di Dio: Miserere nostri, Domine, miserere nostri. Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, quemádmodum sperávimus in te.
Misericordia e speranza, la speranza che illumina la vita del credente e che si manifesta potente nelle ultime parole del canto: In te, Dómine, sperávi: non confúndar in ætérnum, parole che dovrebbero accompagnare ciascuno di noi non solo nell’ultimo giorno dell’anno, ma in ogni momento della vita, fin nell’ultimo suo giorno.
Come le parole di Gesù sulla croce, ricordate nella Compieta: In manus tuas Domine commendo spiritum meum.