Come rileva Robi Ronza nel suo editoriale di ieri, forse ci si sta rendendo conto che la questione siriana non è risolvibile con una manichea distinzione tra “buoni” e “cattivi” e che la cacciata di Assad è tutt’altro che imminente. Ci si sta anche rendendo conto che la caduta di Assad senza un adeguato periodo di transizione e una qualche idea, seria, sul dopo regime rischia di far cadere la Siria “dalla padella nella brace; e in una brace ben peggiore dell’attuale padella.”
Pare che di ciò sia cosciente anche una parte dell’opposizione, che ha offerto trattative con il regime, se le parti più coinvolte nella repressione verranno messe da parte. E’ probabile, purtroppo, che l’iniziativa presa da Moaz al-Khatib, leader della Coalizione nazionale dell’opposizione, sia ostacolata da buona parte dei ribelli e dai loro sostenitori, in particolare dall’Arabia Saudita.
Acqua sul fuoco è stata gettata anche dal Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov , che ha dichiarato alla televisione tedesca Ard che Assad “pensa che la storia sia dalla sua parte” e non ha nessuna intenzione di ritirarsi. Per cui, ogni eventuale proposta deve passare da lui, cosa inaccettabile per molti dei suoi oppositori.
Come è noto, la Russia è il principale alleato di Assad, insieme all’Iran, e alcune frasi di Lavrov sono quindi particolarmente significative, come quando afferma che “il regime ha commesso molti errori. Per troppo tempo ha ignorato le legittime richieste delle opposizioni.” Aggiungendo che il destino di Assad è una questione che riguarda i siriani e che la Russia è interessata solo “al destino dei Siriani.”
Il punto su cui sempre più commentatori concordano, l’ex inviato dell’Onu Kofi Annan incluso, è che la guerra civile durerà a lungo, anche perché Assad sta conducendo una guerra di logoramento, usando aviazione e artiglieria e risparmiando le sue forze sul campo. Così il massacro continua e le stime dell’Onu parlano di almeno 70000 vittime e di cinque milioni di profughi.
La Ard ha intervistato anche Assad, il quale ha ripetuto la sua versione secondo la quale in Siria non vi è nessun problema e tutto è opera di terroristi sostenuti da potenze straniere: “Sono loro che hanno iniziato ad ammazzare la gente. Noi ci difendiamo, nei modi richiesti dalle circostanze, come richiedono le tattiche usate dagli avversari. Loro usano armi pesanti, perciò noi rispondiamo nello stesso modo.”
L’impressione è che per venirne fuori occorre che tutte le forze coinvolte, soprattutto i sostenitori esterni di tutte le fazioni in lotta, mettano da parte i loro particolari interessi per fermare il massacro, cercando il miglior compromesso possibile. Cosa già questa molto difficile di per sé, visti gli interessi geopolitici in gioco, ma resa ancor più difficile dalla frammentazione del blocco degli oppositori. E’ per esempio impensabile ottenere un accordo degli estremisti salafiti o di Al Kaeda, che pongono una sanguinosa ipoteca anche sul dopo Assad.
In questo drammatico quadro, qual è la situazione dei cristiani? Può essere d’aiuto quanto scrive Gregorio III Laham, Patriarca greco melchita cattolico, nella sua lettera ai fedeli per la Quaresima. La descrizione è tragica: decine di chiese distrutte o abbandonate, numerose scuole cattoliche evacuate, un migliaio di cristiani uccisi.
Sono le condizioni in cui si trova buona parte della Siria, soprattutto le zone in mano agli oppositori, distrutte dai combattimenti e poi bombardate dall’esercito lealista. Il Patriarca continua descrivendo le tragiche condizioni in cui vivono i milioni di siriani profughi nel loro Paese, senza alloggi, lavoro, sostentamenti, dentro la crisi economica che attanaglia sempre di più la Siria. Tutte le Chiese siriane si sono unite per portare soccorso ai tanti che ne hanno bisogno, cristiani e musulmani, e pressante è l’invito perché anche dall’estero arrivino contributi.
Il Patriarca di Antiochia ricorda nella lettera come proprio ad Antiochia per la prima volta fu usato il termine di “cristiani”, riconosciuti per come si amavano tra loro, e il Patriarca lancia un accorato appello alla solidarietà cristiana, ma anche islamo-cristiana, perché “il fine è di servire la nostra società, le nostre patrie arabe senza distinzione, come è stato lungo la storia. Dobbiamo essere solidali, cristiani e musulmani, per un futuro migliore per le generazioni che verranno”.
Ecco descritta la situazione dei cristiani in Siria, e più in generale nel mondo arabo, e il loro ruolo in questi Paesi. Ma la presenza cristiana è fortemente minacciata, continua il Patriarca: “Facciamo appello ai nostri fratelli musulmani perché sostengano i nostri sforzi per conservare la presenza cristiana con loro e per loro. Essi sanno quanto la presenza cristiana è stata ed è tuttora così importante – ed efficace – nella storia del mondo arabo a tutti i livelli.”
Un invito già lanciato in passato, che non ha come unici interlocutori i compatrioti musulmani e che va anche al di là delle parti in lotta, che pretenderebbero di avere i cristiani schierati con la propria fazione. Un richiamo rivolto in particolare all’Occidente e da questo già ampiamente ignorato, anche dall’Unione europea che si appresta a discutere se irrigidire le sanzioni, se mantenere l’embargo sulle armi, o allentarlo per armare più pesantemente le opposizioni, come pare voglia proporre il Regno Unito, seguito forse dalla Francia, i protagonisti della bella impresa libica.
Come sembra lontano e fuori dal mondo l’invito del Patriarca “a rispettare la pratica del digiuno, dell’astinenza e delle mortificazioni…senza mai dimenticare la virtù, la misericordia, il perdono e la carità…. Cominciamo la Quaresima nella gioia.” Chissà se qualcuno nelle capitali che contano riuscirà ad ascoltare queste parole, cominciamo quindi noi ad unirci all’invito e alle preghiere dei cristiani di Siria.