Malgrado le ripetute smentite da parte di Telco, l’azionista di controllo di Telecom Italia, la proposta di fusione con 3 Italia era stata effettivamente avanzata da Hutchison Wampoa, tanto da essere discussa nel recente CdA di Telecom. Il comunicato della società afferma che “il management ha riferito dei contatti preliminari intervenuti con 3 Italia e il suo azionista di controllo Hutchison Whampoa relativi a un percorso di integrazione di 3 Italia in Telecom Italia, eventualmente mediante conferimento o fusione per incorporazione, che il gruppo Hutchison Whampoa ha condizionato, tra l’altro, all’acquisizione di un’ulteriore quota azionaria in Telecom Italia, tale da farne l’azionista di riferimento della Società”. Per verificare la fattibilità e i numeri dell’operazione, è stato costituito un comitato ristretto, composto dal Presidente Franco Bernabé e da quattro membri in rappresentanza dei soci Telco e dei consiglieri indipendenti. Il CdA ha anche dato mandato al management per uno studio di fattibilità della separazione della rete di accesso.
In un articolo su queste pagine, Zaccheo ha egregiamente delineato come si sia arrivati a questa situazione e come la privatizzazione di Telecom rappresenti un esempio drammatico della disinvoltura con cui sono state effettuate da noi le cosiddette privatizzazioni. I responsabili di questa azione di malgoverno sono tuttora in corsa per le maggiori cariche della Repubblica, a partire da Bersani per finire con D’Alema e Prodi. Lasciando da parte per il momento il passato, l’offerta di Hutchison Wampoa offre diversi piani di lettura.
Sotto il profilo finanziario, se sono veritiere le notizie che circolano, una offerta attorno a 1,2 euro per azione sarebbe decisamente allettante, essendo circa il doppio del valore attuale del titolo in Borsa e di molto superiore al prezzo offerto l’anno scorso da Naguib Sawiris, attorno a 0,7 euro. I soci non industriali di Telco – Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Generali – potrebbero così uscire da un investimento sempre più oneroso a valori non distanti da quelli di libro, peraltro già pesantemente svalutati. Più difficile la situazione del socio industriale, la spagnola Telefonica, che si troverebbe affiancato non più da partner finanziari, ma da un concorrente, che è peraltro deciso a diventare socio di riferimento della nuova Telecom sorta dalla fusione/incorporazione di 3 Italia.
Qui si inserisce l’altro livello di lettura, cioè la debolezza sul mercato internazionale che caratterizza Telecom Italia, insieme al fortissimo indebitamento, in quanto al di fuori dell’Italia la società ha rilevanza praticamente solo in Brasile. Proprio la volontà di limitare la concorrenza nella telefonia mobile di questo importante mercato è alla base della presenza di Telefonica nella società italiana, come socio maggioritario (46%) di Telco.
Ed eccoci al terzo livello, quello politico: se Telefonica è rimasta congelata in Telecom Italia, ciò non è dovuto solo alla situazione brasiliana, dove una fusione avrebbe fatto scattare l’antitrust, ma all’italianità di Telecom sempre difesa dai vari governi. Dall’estero si fa notare che l’attuale confusione politica e i vari ingorghi istituzionali rendono molto difficile prendere decisioni in proposito.
Inoltre, c’è da tener presente che gli operatori nella telefonia mobile passerebbero da quattro a tre e che Telecom e 3 Italia insieme avrebbero il 45% del mercato, con conseguenti possibili problemi di antitrust. Forse per questo il CdA ha in parallelo accelerato lo studio della separazione della rete fissa di accesso. L’entrata della Cassa Depositi e Prestiti consentirebbe di mantenere l’infrastruttura in mano italiana, anzi pubblica, renderebbe meno pesante la presenza di Telecom sul mercato italiano, dandole comunque un notevole sollievo finanziario.
Alla fine, ciò faciliterebbe anche l’operazione con la società di Hong Kong, per la quale il forte indebitamento di Telecom costituisce comunque un problema, nonostante le notevoli possibilità finanziarie del suo proprietario, Li Ka-shing. D’altro canto, non ci si può aspettare che Hutchison si imbarchi in questa avventura per poi rimanere congelato come è successo a Telefonica. A differenza di Telecom, 3 Italia fa profitti, ma la fusione avrebbe un ruolo strategico per Hutchison, data l’importanza e del mercato italiano e di quello brasiliano.
Meno chiaro il vantaggio strategico per Telecom, come ha sottolineato Marco Fossati, detentore di un 5% delle azioni e quindi socio importante al di fuori di Telco. E’ molto difficile che Telefonica dia via libera all’entrata di Hutchison, suo concorrente per esempio in un mercato come quello inglese, e gli spagnoli hanno un diritto di prelazione sulla vendita degli altri soci di Telco.
Un ballon d’essai, quindi? Forse per il momento, ma Telecom non può andare avanti nell’immobilismo, in un settore sempre più difficile e combattuto. Li Ka-shing ragiona in tempi lunghi e la prelazione di Telefonica scade nel 2015 e, perciò, la palla passa ora agli spagnoli: o escono con notevoli perdite, o rilanciano, tanto più che il capo di Telefonica, César Alierta, ha ribadito anche in questa occasione il valore strategico dell’investimento. Vista la totale assenza di strategia da parte dei nostri politici, e in questo momento non c’è neppure un governo, non è impossibile che siano spagnoli e cinesi a trovare un accordo sulla testa degli italiani.
Rimane il forte interesse di Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo a uscire da un’operazione in cui hanno perso molto e in cui rischiano di dover immobilizzare ulteriori capitali, liberando così risorse a favore della nostra malandata economia.
Si dà però il caso che tutte e tre siano azioniste di RCS, per la quale è programmata una pesante ricapitalizzazione. Stai a vedere che il trio esce da un salotto per andare a investire in un altro, magari più blasé, come il Corsera? E tanto peggio per chi i salotti si ostina a non frequentarli.