La conference call, l’incontro del presidente e del direttore finanziario di Telecom con gli analisti, ha lasciato una serie di dubbi sul futuro dell’azienda. L’unico dato certo è che nel primo trimestre 2013 la situazione finanziaria del gruppo non è migliorata, anzi, l’indebitamento è aumentato a quasi 29 miliardi di euro e il fatturato è sceso di circa l’8%, a causa di una diminuzione del 10% in Italia che il buon andamento in Sud America non ha potuto bilanciare. Bernabè ha confermato che nel prossimo CdA del 23 maggio verranno discusse sia l’ipotesi di scorporo della rete, sia la questione della possibile integrazione con 3 Italia della cinese Hutchinson Whampoa.

Quest’ultima questione è ancora in una fase preliminare e le uniche novità sono le dichiarazioni positive di alcuni soci di Telco, azionista di riferimento di Telecom, nei termini, piuttosto generici, di approvazione di ogni iniziativa che possa migliorare la situazione aziendale. Dichiarazioni un po’ ovvie, ma che dimostrano quantomeno una disponibilità almeno iniziale alle trattative.

Un simile atteggiamento risulta comprensibile da parte dei “finanziari”, desiderosi di uscire da un investimento in decisa perdita. Il nuovo amministratore delegato di Generali, Mario Greco, ritiene giusto concentrarsi sul core business assicurativo, Banca Intesa ha deciso di aumentare il suo impegno nell’eccentrico investimento in RCS Corsera, mentre più complessa è la situazione per Mediobanca, su cui si veda il recente articolo su ilsussidiario.net a firma Zaccheo.

Una posizione simile è stata espressa anche da Telefonica, unico socio industriale in Telco. Anche per Telefonica l’investimento in Telecom è finanziariamente disastroso, ma la società spagnola ha almeno il vantaggio di tener bloccato un pericoloso concorrente, specialmente nell’importante mercato del Brasile. Peraltro, con l’entrata dei cinesi Telefonica si troverebbe in coabitazione con un altro concorrente nella compagine societaria di un concorrente di entrambi. Quindi, se questa “apertura” non è solo una mossa tattica, si può ipotizzare un gioco tra i due concorrenti stranieri a spartirsi le spoglie della società italiana, o meglio, dei mercati in cui è presente. I cinesi potrebbero essere interessati al saturo, ma sempre interessante, mercato italiano, in cui non sono riusciti a sfondare con 3 Italia. Gli spagnoli potrebbero risolvere la partita in Sud America, pur dovendo fare i conti con le autorità antitrust locali.

Questo scenario potrebbe forse essere una concausa di quella che è sembrata una vera e propria marcia indietro sulla questione dello scorporo della rete, all’ordine del giorno da parecchi anni. Le prime impressioni sembravano indirizzare verso una soluzione come quella adottata per Snam e Terna, ora controllate da Cassa depositi e prestiti, il cui intervento era stato ipotizzato anche per la rete telefonica. Ora, invece, Bernabè ha dichiarato che Telecom manterrà il controllo della nuova società che verrà creata per gestire la rete dopo lo spin off, il che pone diverse domande.

Parrebbe delinearsi una struttura societaria in cui una holding, Telecom, controllerebbe e la società di gestione del servizio telefonico, nella quale avverrebbe l’integrazione di 3 Italia, o di altri eventuali interessati, e la società di gestione della rete fissa, in cui entrerebbe la Cdp. L’accettazione da parte di Telecom di scorporare la rete è dovuta alla necessità di abbattere l’indebitamento, si parla di diversi miliardi in conseguenza dell’operazione. Il mantenimento del controllo rende però meno chiare le modalità con cui avverrebbe e rende soprattutto non del tutto chiaro l’interesse della Cdp in un pesante investimento in una società di cui non otterrebbe il controllo. Solo per una questione di “italianità” o per togliere le castagne dal fuoco a qualche istituzione “eccellente”?

Inoltre, Telecom continuerebbe così ad avere una posizione dominante sul mercato, controllandone l’accesso attraverso la rete, continuando a condizionare pesantemente la situazione di mercato e a godere della conseguente rendita di posizione, a differenza di ciò che succede per la telefonia mobile. E anche questo è in contraddizione con quanto avvenuto per Eni-Snam ed Enel-Terna. Sarà un caso, ma insieme alle dichiarazioni di Bernabè è arrivata la notizia che l’Antitrust ha comminato a Telecom una multa di quasi 104 milioni di euro per abuso di posizione dominante nelle infrastrutture in oggetto, diffidando la società dal ripetere tale tipo di comportamento in futuro.

La sanzione si riferisce anche a politiche tariffarie scorrette nei confronti dei concorrenti, resa possibile proprio dalla sua posizione dominante nelle infrastrutture. Da tener presente che Telecom era già stata sanzionata in passato per comportamenti simili.

Rimane difficile non condividere l’opinione di Gianni Gambarotta sulle privatizzazioni dell’era Romano Prodi. Una volta si diceva “chi rompe, paga”, a Prodi il suo partito ha invece offerto la Presidenza della Repubblica, come se fosse un altro pezzo di Italia da rovinare.