Bloomberg L.P. è una delle più grandi società di informazione finanziaria, con sede a New York e con uffici in tutto il mondo, fondata all’inizio degli anni ’80 da Michael Bloomberg, al suo terzo mandato come sindaco di New York, eletto le prime due volte nelle liste Repubblicane e poi come indipendente. Un gruppo che viene valutato più di 20 miliardi di dollari, di cui Bloomberg ha, se non erro, l’85% delle quote. Col passare degli anni, Bloomberg L.P. è diventata non solo uno dei maggiori gruppi mondiali di informazione finanziaria, ma un vero e proprio “social network” per questo settore, a partire da Wall Street. I sottoscrittori ai suoi servizi sono più di 300.000 e l’accesso a un terminale di Bloomberg costa 20.000 dollari l’anno.

Intuibile il peso che negli ambienti finanziari ha Bloomberg e si sa che in questi ambienti la segretezza e la fiducia sono beni di primaria importanza. Tanto più grave, quindi, quanto emerso pubblicamente negli scorsi giorni e che sta mettendo a dura prova l‘immagine della società. Si è scoperto, infatti, che alcuni giornalisti di Bloomberg, che ha anche consistenti attività nel settore media, potevano accedere ai terminali e, di conseguenza, a informazioni riservate sull’operato dei clienti. Alcune di queste informazioni erano state usate in articoli poi pubblicati su media del gruppo.

Tra chi ha denunciato la vicenda vi sono nomi di rilievo, come J.P. Morgan e Goldman Sachs, cosa che ha suscitato anche alcuni commenti ironici. Goldman Sachs è considerata molto più brava dei concorrenti nello “sfruttare” le informazioni e alcuni trovano divertente che proprio lei sia caduta nello “Snooping Scandal”, lo scandalo degli spioni.

Il management di Bloomberg è corso immediatamente ai ripari, riconoscendo la verità dei fatti, chiedendo scusa ai clienti e rassicurandoli che le falle erano state chiuse. Altrettanto immediatamente ha nominato nuovi responsabili interni e consulenti esterni per rivedere le procedure, tecniche e amministrative, e rendere sicuro il flusso delle informazioni. Un certo rilievo ha avuto la scelta, tra i consiglieri esterni, di Samuel Palmisano, leader fino all’anno scorso di IBM e personaggio molto rispettato dal business. Una corretta, ma coraggiosa, attuazione delle pratiche di crisis management, di gestione del rischio, ma che ha evidenziato vari problemi.

Il primo è che non si è trattato di una falla casuale, ma di un vero e proprio baco nel sistema, perché l’accesso alle informazioni era legittimato. Anzi, alcuni interpretano la cosa come un vizio di origine, pur nato con le migliori intenzioni: per poter dare ai clienti servizi giornalistici utili occorreva sapere quali erano i loro desiderata e, quindi, i giornalisti dovevano conoscere quali erano gli interessi e il modo di operare dei clienti. Insomma, un’operazione di marketing si sarebbe trasformata in un boomerang, ponendo in evidenza un altro problema, quello delle cosiddette “muraglie cinesi”, che dovrebbero rendere tra di loro impermeabili settori della stessa società che si trovino oggettivamente in conflitto.

Malgrado il nome esotico, è un problema molto sentito anche da noi, pur sottaciuto. Se ne è parlato ripetutamente per Mediobanca, dove vi è un oggettivo potenziale conflitto tra la sua attività di banca d’affari e la contemporanea partecipazione attiva in molte società italiane. Si è perciò ripetutamente discusso dell’opportunità di separare nettamente le due attività, ma non se ne è fatto niente. Lo stesso problema esiste per le Società di gestione del risparmio, possedute praticamente tutte da istituti bancari, portatori di interessi particolari in potenziale conflitto con quelli degli altri investitori. Nonostante questo, le già poche Sgr indipendenti italiane si sono ridotte, credo, a una o poco più. E i risparmiatori devono fidarsi delle suddette “muraglie cinesi”, anche perché non hanno molte altre possibilità. Forse per questo l’unica Sgr indipendente quotata in Borsa va così bene.

Come detto, a giudizio degli esperti Bloomberg sta reagendo nel modo corretto, ma solo nel prossimo futuro si vedrà se i danni sono stati solo notevoli o irreparabili. Michael Bloomberg, che aveva fatto votare dal Consiglio comunale una delibera per estendere a tre i mandati possibili, è nel suo ultimo anno da Sindaco e non è più eleggibile. Sembrano quindi da escludersi risvolti politici della vicenda, anche perché Bloomberg aveva già rifiutato di partecipare alle precedenti campagne presidenziali e per la carica di governatore di New York.

A Bloomberg è attribuita una ricchezza personale attorno ai 25 miliardi di dollari (ha rinunciato all’emolumento di sindaco per un compenso simbolico di 1 dollaro), quindi anche sotto questo profilo non ci dovrebbero essere sconquassi. C’è perciò da sperare che la vicenda porti un po’più di correttezza nell’ambiente finanziario e dei media, e non solo negli Stati Uniti.