Caro direttore, ho letto ieri sul Manifesto un articolo intitolato in modo suggestivo, “La sussidiarietà è l’unico cemento del governo Letta”, e la mia prima reazione è stata di lieta meraviglia: anche da quelle parti si è finalmente scoperta la sussidiarietà, magari si è finalmente capito che questo principio non elimina lo Stato, ma lo pone al servizio delle persone e al loro libero aggregarsi, insomma che a ben vedere può essere perfino una cosa di sinistra, non certo leninista, ma di sinistra.
Qualche dubbio mi è venuto dall’occhiello, “Dal CLN a CL”, perché so bene come quelli del Manifesto siano legati al 25 aprile appena festeggiato, ma che c’entra con il governo? E poi Cl, che suppongo stia per Comunione e liberazione? Mi sono quindi precipitato a leggere l’articolo, anche perché se ci si erano messi in due a scriverlo, doveva essere di grande peso.
Devo confessare che, forse proprio perché scritto a due mani, il pezzo è un po’ confuso, o forse richiede maggiore assuefazione al gergo “manifestese”. Intanto, però, le mie perplessità su quel Cl si sono manifestate, termine usato qui propriamente, non del tutto fuori luogo: Cl sta per Cosa Loro. Cosa di chi? Ma è ovvio, della “lobby di Dio”, i “ragazzi di Don Gius”, “che vanno al potere insieme agli eredi di Berlinguer e Moro”, “è la Compagnia delle opere incistata nella Lega delle cooperative e viceversa”. Sorbole!
L’articolo sembra un anatema contro “l’inciucio” in puro stile grillesco, senza averne però la carica comunicativa, che qui si perde in una scrittura intellettualista per “coloro che se intendono”. La conseguenza è che il tutto si risolve in un mero processo alle intenzioni e in un attacco indiscriminato ai componenti del governo, non per loro posizioni o per cose che hanno fatto, ma solo per la loro appartenenza.
La cosa ha anche aspetti ridicoli, perché sembrerebbe logico che al governo siano andati esponenti dei partiti della maggioranza che l’appoggia. Probabilmente è proprio questo che è rimasto per traverso ai “duri e puri” del Manifesto: che si sia riusciti a fare un governo, grazie a quello che considerano il tradimento del Pd nei confronti della sinistra. Infatti, anche gli esponenti di sinistra nel governo vengono attaccati e ce n’è anche per Napolitano, accusato di aver resuscitato Badoglio (!) invece che dar luogo a un nuovo Cln (per i più giovani, Comitato di Liberazione Nazionale).
Con queste premesse è chiaro che ci si possono aspettare solo disastri e alla fine dell’articolo viene citato un passo di Luigi Pintor (uno dei fondatori del Manifesto), che termina così: “si è discretamente svuotata la democrazia e se n’è volata via ogni idea di sinistra…” A conferma che, probabilmente, il vero obiettivo dell’attacco non siano cattolici, ciellini e berlusconiani, ma l’ala diessina del Pd, che ha tradito i compagni della Sel per andare con Berlusconi e Monti, manco fossero dei socialdemocratici qualsiasi.
Tuttavia, un paio di cose credo vadano prese seriamente. Una è la derisoria definizione di “Italia in versione ‘fraterna’” dell’attuale maggioranza, che rivela come costoro non si rassegnino a un Paese normale, in cui si può collaborare anche da posizioni diverse e in cui gli avversari non necessariamente sono nemici da abbattere. Non vorrei che al Manifesto fossero ancora attratti dalla lotta continua, attraverso i giornali e le idee, beninteso, perché li ho sempre conosciuti come lontani da ogni tentazione di violenza. Tuttavia, non sembra il caso di scherzare troppo con queste formulazioni.
Il secondo punto è che, da come lo citano nell’articolo, dimostrano di non aver nessuna idea di cosa sia in realtà il principio della sussidiarietà. Per carità, non si può pretendere che dei marxisti pervicaci conoscano la dottrina sociale della Chiesa, ma sarebbe buona regola scrivere solo di ciò che si conosce.
Sorge però il sospetto che sappiano benissimo cos’è la sussidiarietà, ma che ne diano una falsa interpretazione per usarla come arma contro gli avversari, sulla base dell’immarcescibile regola del “calunniate, calunniate, qualcosa resterà”.