“Mai più la guerra!” Questo grido di Papa Francesco è risuonato forte, come forte è risuonato in tutti i secoli con la voce e nel cuore di tanti uomini e donne. Non una dichiarazione di principio, come quelle dei politici, ma un grido e una preghiera a Colui che solo è vera pace.

A questo grido il Papa ha dato corpo con la giornata di preghiera e digiuno, che ha avuto un immediato risultato in un tenue miglioramento della situazione in Siria. Anche a seguito della silenziosa, ma fattiva, opera della diplomazia della santa Sede, in cui va iscritta anche la lettera del Papa a Vladimir Putin, come presidente del G20 ma anche come capo della Russia, parte determinante nella questione siriana. Poco importa se Putin ha cercato, ma non è di certo l’unico, di strumentalizzare l’intervento papale.



Ora tocca a governanti e politici non chiudere questo spiraglio e aprire spazi a una soluzione pacifica per tutto il popolo siriano, una soluzione che rappresenterebbe un auspicio per le tante altre situazioni di crisi.

Un altro grido, pur non formalmente articolato, sorge costantemente dagli interventi del Papa: “Mai più la fame!”, l’altro Cavaliere dell’Apocalisse che, insieme a guerra e pestilenze, colpisce gran parte del mondo che si soleva definire “Terzo”. I governi occidentali hanno mancato in gran parte all’impegno assunto di dedicare una piccola percentuale del proprio Pil ai Paesi bisognosi e se l’impegno è stato disatteso ampiamente in epoca di crescita economica, ora che anche l’Occidente è in crisi neppure più se ne parla.



Non sono stati così raggiunti gli obiettivi di sviluppo del Millennio, stabiliti nel 2000, e uno dei risultati è che tuttora ogni anno muoiono più di sei milioni di bambini sotto i cinque anni per malattie che potrebbero essere curate senza difficoltà. Che nel “nostro” mondo verrebbero curate senza difficoltà. Tutto sommato, il Cavaliere della Guerra fa molte meno vittime dei suoi due colleghi.

Ma il quarto Cavaliere, la Morte, ha trovato uno strumento non nuovo, ma ora particolarmente di “moda”, perfino più della guerra, per mietere un numero ancor maggiore di vittime: l’aborto. Ecco il grido che ancora manca: “Mai più l’aborto!” Il Papa ha ragione, la posizione della Chiesa sull’aborto non presta fianco alcuno a fraintendimenti, ma ciò non significa che questa posizione non debba essere costantemente ribadita.



Nonostante tutto, la guerra viene ancora considerata un male, vi sono leggi e accordi internazionali che cercano di contrastarla, molte Costituzioni, come la nostra, la ripudiano come arma offensiva. Carestie e pestilenze sono ancora considerate catastrofi naturali, anche se non è del tutto vero, e ci si mobilita per affrontarle. Nessuna legge stabilisce che la povertà è un fatto positivo, né la sancisce come un diritto.

Per l’aborto è diverso: è un diritto stabilito per legge da moltissimi Stati. Non solo, perché se un tempo il consentire l’aborto in certi e limitati casi veniva visto come scelta di un male minore, per esempio per evitare gli aborti clandestini, ora è invece considerato un diritto civile, anzi prende sempre più piede la definizione di diritto umano fondamentale.

Ecco perché occorre continuare a insistere su di esso e non è inutile continuare a parlarne. Negli Stati Uniti la battaglia tra abortisti e antiabortisti, perché di battaglia si tratta, ha portato per la prima volta nei sondaggi una pur minima maggioranza di americani a contestare l’aborto “a richiesta”, senza se e senza ma. Diversi stati hanno rivisto, o stanno rivedendo, in senso più restrittivo le proprie leggi sull’aborto, soprattutto per quanto riguarda quelli oltre il termine delle 24 settimane.

Lo scandalo della “clinica” Gosnell, rivelatosi tutt’altro che unico, ha posto in luce l’orrore di questi aborti, che nulla hanno da invidiare agli esperimenti nazisti nei lager.

Inoltre, la filosofia della “libera scelta” per l’aborto va di pari passo con l’eugenetica, l’eutanasia, il suicidio assistito, con l’assurda questione dei “gender”, di cui abbiamo grotteschi scimmiottamenti qui da noi con il genitore A e il genitore B. Insomma, una cultura che tende a distruggere alla sua radice ogni concezione naturale di persona umana e che è, quindi, profondamente e programmaticamente anticristiana. Espressione somma di quel relativismo contro cui si è battuto fino all’ultimo Benedetto XVI.