La tormentata questione degli elicotteri Agusta-Westland in India sembra essere arrivata alla sua fine, disastrosa anche se prevista, con la cancellazione del contratto di acquisto dei 12 elicotteri. O forse no, perché forse la questione rimane aperta con la possibilità di un arbitrato internazionale, anche se l’atteggiamento del governo indiano desta qualche perplessità.
Inizialmente, infatti, il governo ha reso nota solo la cancellazione totale del contratto, del quale erano già stati sospesi i pagamenti, adducendo la violazione da parte della consociata Finmeccanica delle clausole di correttezza, come il non ricorrere a intermediari e, ovviamente, l’impegno a non pagar tangenti. Subito dopo, tuttavia, il ministro della Difesa ha annunciato la nomina di un proprio rappresentante, un ex giudice della Corte Suprema, come controparte del rappresentante nominato da Agusta, anch’egli già membro della Corte Suprema e ex presidente dell’Alta Corte del Kerala, lo stato in cui sono sottoposti a giudizio i nostri due marò.
Pur non esplicitamente, il governo indiano sembra quindi aver accettato l’arbitraggio, per condurre il quale occorrerà ora la nomina di un terzo giudice indipendente. Se gli aspetti economici sono rilevanti, l’importo del contratto è di 560 milioni di euro, non è da meno la dimensione politica della storia. Il governo indiano è sotto accusa per la forte corruzione presente nel Paese e l’opposizione ha chiesto le dimissioni del Primo ministro Manmohan Singh; il pugno duro contro Agusta può quindi servire a fini interni per smussare le critiche.
Sono, peraltro, inevitabili i collegamenti con il caso dei nostri due marò in Kerala e con la delicata questione diplomatica-giudiziario cui ha dato luogo. L’atteggiamento del governo centrale è finora sembrato più aperto a una soluzione non traumatica per i rapporti con l’Italia, mentre le autorità e la magistratura locale hanno mantenuto un atteggiamento più ostile. All’epoca dei fatti, il febbraio del 2012, il Kerala era governato dal Partito Comunista, ma lo scorso maggio le elezioni sono state vinte dal governativo Partito del Congresso.
Forse è solo un caso, ma l’8 gennaio si terrà la prossima udienza a Nuova Delhi del processo ai nostri marò. La sensazione è quella di un gioco condotto dai governi dei due Paesi per uscire dalla vicenda limitando i danni e salvando la faccia, con elicotteri e marò “oggetti” di un sofferto compromesso.
Il lato politico della intricata questione ha avuto un risvolto in Italia, dove il deputato di Scelta Civica Gianfranco Librandi, secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, avrebbe chiesto le dimissioni del ministro della Difesa Mario Mauro, già suo compagno di partito, per non aver difeso sufficientemente gli interessi di Finmeccanica.
L’uscita “ha senso” alla luce delle abituali faide interne tra i nostri politici, ma suona un po’ malaccorta se si pensa a come il governo Monti ha gestito la vicenda dei marò, o meglio, e non credo di essere il solo a pensarla così, come l’ha creata con la propria incompetenza.
D’altro canto, anche tutta la vicenda giudiziaria di Agusta in India si è svolta durante il governo Monti ed è quindi difficile capire attacchi che provengano da Scelta Civica. Finmeccanica ha considerato una sorta di vittoria la decisione del governo indiano di aderire all’arbitrato e le critiche sono difficili da capire, a meno che ci fossero accordi di diverso tipo.
C’è da aggiungere che la controversia con l’Italia non è l’unico conflitto diplomatico dell’India, venuta ai ferri corti con gli Stati Uniti dopo l’arresto a metà dicembre di una diplomatica, Viceconsole generale a New York, accusata di aver falsificato i dati della propria colf, poi rilasciata su cauzione. La situazione è tuttora molto tesa e all’India potrebbe convenire di chiudere la questione con l’Italia al più presto.
I danni potenziali per Finmeccanica rimangono comunque elevati. Il governo indiano ha dichiarato che sequestrerà l’importo della notevole cauzione versata dalla società e non ha fatto alcun cenno al destino dei tre elicotteri già in suo possesso. Qualche commentatore indiano ha già fatto presente che questi elicotteri, senza l’assistenza tecnica di Agusta saranno presto inutilizzabili. Come si vede le armi di scambio in mano ai con tendenti sono più di una.
Accanto agli aspetti finanziari, vi sono quelli, ancor più rilevanti, di immagine. L’India, accanto a tutte le altre potenzialità che offre, è uno dei più ampi mercati per strumenti di difesa. La stessa Agusta sta partecipando a una gara per la fornitura di elicotteri questa volta alla marina indiana. Se fosse messa nella “lista nera”, non perderebbe solo un importante mercato, ma subirebbe un enorme danno di immagine.
In tutta questa bagarre, ciò che rischia di sfuggire all’attenzione generale è l’eccellenza dei prodotti Agusta, tangenti o no, come dimostra il recente contratto di fornitura di 16 elicotteri alla Norvegia per un importo superiore al miliardo di euro. In un momento in cui si parla tanto della capacità competitiva dell’Italia sui mercati internazionali, sarebbe il caso che tutte le nostre “guide”, dai politici, agli opinionisti, agli imprenditori facessero quadrato attorno a questa nostra azienda.
E, forse, anche alcuni nostri magistrati potrebbero abbandonare quella che sembra essere diventata la loro bandiera: Fiat iustitia et pereat mundus.