Qualche tempo prima di Natale, su diversi organi di stampa, Giorgio Napolitano è stato accusato di aver cambiato radicalmente opinione nei confronti dell’euro, di cui ora appare un deciso difensore. Le accuse traggono spunto dal suo intervento nel 1978 in Parlamento sull’entrata dell’Italia nello Sme, il Sistema monetario europeo predecessore dell’euro.
Napolitano ha senza dubbio effettuato qualche “cambiamento di rotta” dall’epoca del Pci, come l’ammenda sull’invasione russa dell’Ungheria nel 1956, piuttosto timida peraltro, ma rara avis tra la dirigenza comunista. Tuttavia, la discussione sullo Sme fornisce spunti generali più interessanti rispetto alle citate critiche.
Nella prima puntata del suo viaggio nell’euro insieme a ilsussidiario.net, il professor Giuseppe Di Taranto evidenzia i vantaggi dello Sme rispetto all’euro, in primo luogo la possibilità di svalutare o rivalutare le singole monete entro una certa banda di oscillazione. Un sistema che ha sostanzialmente funzionato, malgrado l’Italia sia dovuta uscirne nel 1992, per poi rientrare qualche anno dopo, in seguito alla massiccia manovra speculativa del finanziere progressista George Soros contro la sterlina e, appunto, la lira.
Nella sua dichiarazione per conto del Pci il 14 dicembre 1978, Napolitano non si espresse contro l’entrata dell’Italia nello Sme, ma contro le modalità di adesione e in particolare contro la preponderanza della Germania, già allora percepita come elemento negativo per l’unità europea, e il pericolo di probabili politiche restrittive, che avrebbero impedito la crescita e avvantaggiato i paesi già ricchi rispetto alle aree periferiche. Inoltre, Napolitano denunciava i rischi derivanti dal “mettere il ‘carro’ di un accordo monetario davanti ai ‘buoi ‘ di un accordo per le economie”.
Sembrano proprio gli argomenti usati oggi dagli oppositori dell’euro, anche se l’attuale presidente della Repubblica indicava come uno dei punti più critici la Politica agricola europea, disegnata a vantaggio di alcuni paesi ricchi ed estremamente svantaggiosa per il nostro Paese, argomento questo poco presente nell’attuale dibattito, portato alla ribalta invece dai “forconi”.
Dato che gli stessi critici di Napolitano ammettono che i suoi argomenti sono ancora validi, la vera critica a Napolitano e al Pci dovrebbe essere che questi argomenti non siano stati utilizzati per contrastare, nel 1999, l’ancor più vincolante introduzione dell’euro. La ragione è molto semplice: l’adesione dell’Italia all’euro avvenne sotto governi di centrosinistra, il Prodi 1 e il D’Alema 1, di cui il Pci era pars magna, sia pure sotto cambiato nome. Difficilmente Napolitano avrebbe potuto ripetere il discorso del 1978, anche perché nel Prodi 1, governo centrale nella questione euro, era ministro degli Interni.
Gli artefici della nostra entrata nell’Eurozona furono, in primo luogo, Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi. Ciampi, come governatore della Banca d’Italia, tentò di opporsi senza successo all’attacco di Soros, utilizzando vanamente le riserve della Banca, per poi uscire dallo Sme nel 1992 con una svalutazione della lira del 30%. Come ministro del Tesoro nei governi Prodi e D’Alema dal 1996 al 1999, prima di diventare presidente della Repubblica, guidò il processo di entrata nell’euro insieme a Prodi.
Quest’ultimo, come primo ministro dal 1996 al 1998 fu il principale sostenitore dell’euro, posizione che lo portò nel 1999 alla presidenza della Commissione europea. Ciampi è ora fuori dai giochi politici, ma Prodi è ancora ben presente sulla scena, il che fa pensare che non dovrebbe essere Napolitano il principale bersaglio in materia di euro.
L’euro cominciò a circolare concretamente il primo gennaio 2002 ed è interessante rileggere alcune dichiarazioni dell’epoca. Ovvia quella di Carlo Azeglio Ciampi, nel suo messaggio di Capodanno come presidente della Repubblica: “Al di là del valore economico, è un grande segno di pace, la prova concreta dell’impegno dei popoli europei di vivere insieme”. Meno scontata, viste le critiche del Pci allo Sme, la dichiarazione di Pierluigi Bersani, allora responsabile economico dei Democratici di Sinistra: “Guardando le cose italiane in queste ore si potrebbe dire che l’euro è nato ma che l’euroscetticismo non è mai morto”. Aperta critica alla freddezza del governo Berlusconi e infatti aggiungeva: “Gli esponenti del nostro governo, unici in Europa ostentano distacco sul passaggio d’epoca che stiamo vivendo e sostanzialmente si disimpegnano sui problemi del primo impatto dell’euro che vanno invece sorvegliati con cura”.
Quella dello scarso controllo sulla traduzione effettiva lira-euro è poi diventata materia di contestazione reciproca tra centrosinistra e centrodestra, ma l’unica cosa certa è che l’introduzione dell’euro ha portato a una effettiva riduzione del potere d’acquisto rispetto alla vecchia lira.
Vale la pena di citare due ultime dichiarazioni. Innanzitutto, quanto scriveva su Il Corriere della Sera Mario Monti, allora commissario europeo alla Concorrenza: “L’euro fa di noi cittadini diversi da prima: più rispettati da chi ci governa, più rispettosi gli uni verso gli altri, più rispettosi di chi verrà dopo di noi.” E ancora, citando Ciampi: “Fatto l euro, l’integrazione europea andrà avanti”.
La seconda citazione sembra una diretta risposta e viene da Beppe Grillo, allora ancora solo un comico: “La nascita dell’euro fa parte di questo mondo capovolto: nasce prima la moneta di un popolo”. Forse Grillo era un politico più acuto quando faceva il comico.